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Ai limiti dell'assurdo / Sondalo

Il nonno sta male, ma non c'è posto in ospedale: le 24 ore da incubo di una famiglia sondalina

Carenza di posti letto e di personale: dopo 12 ore al Pronto soccorso del Morelli, il trasferimento in ambulanza, per giunta non da solo e di notte, addirittura a Chiavenna

Una vicenda assurda che solo per la professionalità del personale presente (sempre troppo poco per la verità) e per un pizzico di fortuna non si è trasformata in una tragedia. A raccontarla Sharon Bormolini che ha visto suo nonno di più di 80 anni prima essere costretto a un'attesa di 12 ore in Pronto soccorso nonostante le sue più che precarie condizioni di salute, e poi essere sballottato fino all'altra estremità della provincia per carenza di posti letto.

"Il 31 dicembre mio nonno, residente nel Comune di Sondalo classe 1942, è stato male. Dopo una lunga notte di febbre altissima, una tosse importante, male in tutte le parti del corpo e in uno stato di confusione non indifferente visto i suoi 81 anni, si è deciso di chiamare l’ambulanza - ha raccontato la nipote dell'uomo -. Quest'ultima arriva a Frontale, personale eccellente e gentilissimo: mio nonno viene caricato in ambulanza e viene portato all’ospedale di Sondalo dove le prime cure prestate sono state amorevoli. Nulla da dire sul personale sanitario e sul loro lavoro svolto però purtroppo non per colpa loro c’è un problema di fondo: poco personale per l’aflusso di gente che c’era".

"Aspettiamo e aspettiamo ancora, con una persona di 81 anni difficile da gestire. Fanno molti accertamenti per capire cosa potesse avere: esami, lastre, tac, encefalogramma e ovviamente ci vuole tempo e nessuno dice niente perché il personale non ha nemmeno il tempo di bere un sorso d’acqua. Inizia a essere pomeriggio e il nonno va ricoverato ma le voci di corridoio ci fanno scendere le braccia. In medicina non c’è posto - ha proseguito Sharon Bormolini -. Con molto malincuore diciamo tra di noi che alla fine andremo a Sondrio anche se la nostra preferenza restava Sondalo per la familiarità dell’ospedale in se per per il fatto di conoscere tanta gente che ci lavora tra cui parenti e poter avere sempre informazioni visto che il nonno del telefono proprio non ne vuole sapere. Si fa tardi e ormai sono 12 ore che il nonno è in pronto soccorso su un lettino ed è ormai difficile da tenere fermo, quando alle 21.09 ci viene detto che va ricoverato e trasportato a Chiavenna".

La giornata è stata già lunga, lo stress molto e certo l'ultima cosa di cui l'anziano paziente avrebbe bisogno è un trasferimento, eppure proprio questa diventa l'unica strada percorribile. Anche se poi, proprio di strada, l'ambulanza con il paziente a bordo ne ha dovuta percorrere anche troppa: "Nonostante i cambi che ci si poteva dare tra noi familiari, la giornata è stata impegnativa anche solo per il pensiero che era fisso! E per il nonno è stato un incubo oltre al fatto che era sfinito dalla febbre. Alle 21.44 si parte per andare a Chiavenna e purtroppo sempre per mancanza di personale i pazienti da trasportare sono due - ha spiegato sempre Sharon Bormolini -: il nonno sdraiato e confuso e una povera signora seduta. Si arriva a Chiavenna alle 23.39 dopo due lunghissime ore di trasporto in ambulanza. Ripetono un altro tampone per il covid. Che anche lì risulta negativo. La situazione si fa strana: verso le 00.30 guardando la cartella clinica dall’encefalogramma risulta qualcosa di strano, una voce fa pensare alla positività al covid. E lì le domande sono moltissime! Spostano il nonno in una camera singola. Ma perché siamo obbligati a essere così lontani quando abbiamo un ospedale gigantesco che chissà per quale motivo non fanno funzionare a pieno regime e minacciano pure di voler chiudere??!".

Ci vorranno comunque ancora più di 12 ore per capire finalmente le reali condizioni dell'anziano nonno di Sharon Bormolini: "Finalmente alle 14 dell'1 gennaio sappiamo che il nonno è affetto da una polmonite interstiziale.Dobbiamo aspettare le 15 per poterlo vedere - ha concluso il racconto la donna valtellinese -. Non auguro a nessuno di avere questa sensazione che il tempo non passi mai. Io parlo in prima persona perché vedendo mio nonno così mi si spezzava il cuore, e mi chiedo ancora ora come è possibile che non si potesse trovare un posto letto per due persone anziane e che siano stati costretti a fare un viaggio così lungo dopo 12 ore di attesa in pronto soccorso senza cibo. Abbiamo passato la notte in macchina fuori dall’ospedale per paura ci potessero essere delle complicazioni".

Infine, sempre Sharon Bormolini si rivolge in prima persona agli amministratori locali e non solo affinché nessuno debba più vivere un'esperienza simile: "Ora vorrei solo chiedere per piacere di fare qualcosa, di far migliorare questa situazione perché se veramente vogliamo tanto turismo, vogliamo diventare sempre meglio, dobbiamo dare un occhiata alla nostra sanità al nostro futuro per stare bene, e portare rispetto ai nostri anziani. Credo sia fondamentale che si trovi una soluzione a questa cosa e spero che i sindaci dell’Alta valle possano trovarne una".

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