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Domenica, 28 Aprile 2024
Olindo e Rosa possono essere assolti? / Albaredo per San Marco

Olindo e Rosa, dopo 17 anni di carcere si riapre il processo per la strage di Erba

La Corte d'Appello ha accolto le istanze del procuratore Tarfusser e degli avvocati dei due coniugi condannati in via definitiva per il delitto di 17 anni fa in cui morirono Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la nonna e una vicina di casa

Tornano a sperare nell'assoluzione Olindo Romano, originario di Albaredo per San Marco,  e Rosa Bazzi, i coniugi condannati all'ergastolo per la strage di Erba avvenuta l'11 dicembre del 2006 nel paese in provincia di Como. La Corte d'Appello di Brescia, in qualità di giudice della revisione, ha accettato la richiesta di revisione della sentenza presentata prima dal procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser e poi dai legali della coppia.

Olindo e Rosa, in carcere dal 2007, sono stati condannati in Cassazione per la morte di Raffaella Castagna, il figlio di 2 anni Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini ma secondo i loro avvocati esistono nuovi elementi tali da portare a un proscioglimento della coppia. 

Strage di Erba, il processo di revisione

Dopo 18 anni di carcere la Corte d'Appello di Brescia ha emesso un decreto di citazione nei confronti di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la prima udienza del processo di revisione sulla strage di Erba. L'udienza è fissata per il primo marzo. Il processo che si aprirà potrà concludersi con un'assoluzione o una condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano oppure con una dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di revisione. Nella prima udienza si discuterà di quali prove o nuove testimonianze ammettere.

La decisione di oggi arriva a sorpresa visto che le prove raccolte contro Olindo Romano e Rosa Bazzi sono molte: testimone oculare, prova scientifica e confessioni. A quasi 17 anni di distanza, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, ci sono nuove prove da valutare, che potrebbero trasformare i colpevoli in possibili vittime di un errore giudiziario.

L'udienza del primo marzo servirà per discutere, per la prima volta, se approfondire e come alcuni temi centrali nel processo, quindi davanti ai giudici ci sono due strade: assoluzione o rigetto dell'istanza e dunque conferma della sentenza di condanna.

Olindo e Rosa possono essere assolti?

Ma cosa cambia quindi oggi? In sostanza con l'ammissibilità delle istanze del procuratore Tarfusser e degli avvocati dei due coniugi si apre un procedimento di revisione del processo ai sensi dell'articolo 630 del codice di procedura penale: superato il primo filtro - che rappresenta spesso un vero muro - di ammissibilità, saranno rivalutate nel contraddittorio delle parti le prove, alla luce dei nuovi apporti, con conseguente possibilità che si pervenga anche ad un proscioglimento, come ci spiega l'avvocato penalista Alberto Donini.

"Lo dissi all'indomani della strage che l'omicidio non aveva nulla di manovalanza italiana ma che si trattava di un omicidio per vendetta commesso da una banda di soggetti non italiani nell'ambito della droga, sia per il modus operandi che per l'accanimento che ci fu nei confronti delle vittime" spiega all'Adnkronos il criminologo Carmelo Lavorino, commentando la pronuncia della Corte di Appello di Brescia sul processo di revisione della Strage di Erba. "Ci abbiamo messo troppo tempo - continua - le indagini inizialmente partirono male, ci furono pressioni e forzature perché c'era stato il classico innamoramento della tesi. Certo, dopo molti anni, dire che stiamo cominciando a fare giustizia è limitativo perché giustizia non è stata fatta, i veri colpevoli sono ancora in libertà e degli innocenti in galera".

La strage di Erba l'11 dicembre 2006

Il nome della città di Erba è rimasta indelebilmente legata ai nomi di Olindo Romano e Rosa Bazzi, fermati l'8 gennaio 2007 e arrestati dopo meno di 24 ore dopo una iniziale confessione. Si sarebbero presi la colpa perché incalzati dagli inquirenti, convinti che ormai sarebbero stati condannati e sperando così di ottenere agevolazioni, in primis quella di restare insieme. 

Il programma di Italia 1 Le Iene, in una puntata dal titolo forte, "Scommettiamo che Rosa e Olindo sono innocenti?", ha messo in dubbio tre "pilastri" accusatori: il riconoscimento dell'unico testimone oculare, il ritrovamento di una macchia di sangue e le due prime confessioni. Per Le Iene ci sono troppi errori nelle confessioni - poi ritrattate - di entrambi, così come nelle indagini.

Inoltre il principale accusatore - Mario Frigerio, colpito con un fendente alla gola e creduto morto dagli assalitori - sarebbe stato imboccato nell'interrogatorio: il nome di Olindo lo avrebbe fatto solo in un secondo momento, dopo averlo sentito dal carabiniere. Tutte ipotesi, però, che nei vari processi non sono mai state avallate.

Olindo è tornato recentemente a parlare dal carcere di Opera, dove sta scontando la sua pena, dopo 16 anni dall'arresto. Dopo la sentenza della Cassazione, arrivata il 4 maggio del 2011, gli avvocati hanno lavorato a lungo - con un pool di esperti - per cercare di ribaltare una condanna su cui nessuno dei giudici ha mai espresso un dubbio. 

Il nuovo testimone

Le indagini difensive hanno portato a rintracciare, pochi mesi fa, un uomo tunisino, finito in un'inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (compagno e padre di due delle vittime), il quale avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell'agguato all'interno dell'appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi.

Un elemento che, insieme alle presunte incongruenze e anomalie di un'indagine, porta la difesa a provare a smontare - dopo quasi 17 anni dai fatti - le tre prove (le confessioni dei coniugi, le parole del testimone che riconosce Olindo e la macchia di sangue della Cherubini nell'auto della coppia) che costringono in carcere i coniugi Romano. Un lavoro che si è servito degli strumenti offerti dai progressi della scienza e della tecnologia e che sono riassunti in due corpose consulenze multidisciplinari e una consulenza biologico-genetica forense. "Ogni singolo elemento di prova non regge e ora i nuovi elementi raccolti vanno a intaccare la condanna" spiegano gli avvocati Fabio Schembri, Nicola D'Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello. I legali ripropongono testimonianze, verbali, rilievi, audio e video da sempre presenti nell'inchiesta, ma a loro dire, mai davvero analizzati, valorizzati o compresi fino in fondo. Si parte dal ricostruire le versioni di Frigerio che passa dal non ricordare, a offrire l'identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa.

Nella corposa documentazione dei legali c'è un paragrafo dedicato alle intercettazioni 'scomparse' in ospedale e a casa dei coniugi Romano, così come viene messe in discussione, la "genuinità" della macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell'auto di Olindo. Non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato. Se su quella traccia ematica finora la difesa ha fatto un atto di fede, ora fa marcia indietro: quella traccia non esiste, "è una suggestione ottica".

Ma soprattutto stupisce che in quella 'mattanza', in quel "bagno di sangue", i due condannati siano riusciti a non lasciare alcuna loro traccia in casa delle vittime e a non 'portare' alcuna traccia nella loro abitazione. In discussione c'è anche la dinamica della morte della Cherubini, che lascia supporre che gli aggressori siano ancora presenti all'arrivo dei primi soccorritori accorsi per spegnere le fiamme. E nella lunga contro inchiesta ritornano gli elementi distrutti dopo la sentenza definitiva (su cui la difesa aveva chiesto accertamenti).

Chi sostiene la colpevolezza di Olindo e Rosa usa l'unico sopravvissuto alla strage di Erba come prova schiacciante. Ma secondo il pg di Milano Mario Frigerio, che nella strage di Erba ha perso la moglie Valeria Cherubini, non sarebbe attendibile. "Il peggioramento della condizione psichica e i deficit cognitivi manifestati da Mario Frigerio nel corso della degenza ospedaliera, le errate tecniche di intervista investigativa dense di numerosissime suggestioni su di lui attuate e la palese violazione di precise e note leggi scientifiche in materia di memoria e di riconoscimento di volti dimostrano in modo incontrovertibile che la memoria riguardante Olindo Romano quale suo aggressore è una falsa memoria e che Mario Frigerio era soggetto inidoneo a rendere valida testimonianza circa i fatti avvenuti la sera dell'11 dicembre 2006" si legge nel documento della procura.

Queste conclusioni, dopo aver superato il primo vaglio di ammissibilità, potranno riportare - forse - alla riapertura del caso.

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