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"Case di riposo al collasso", il grido d'allarme del Pd

Il segretario provinciale Iannotti: "Situazione drammatica, manca personale". La sola rsa di Sondrio ha perso in due anni 20 infermieri, mentre in tutta la Lombardia ne mancano ad oggi circa 3.500

Preoccupa lo stato in cui versano le case di riposo di Valtellina e Valchiavenna. È il Partito Democrati provinciale a lanciare l'allarme. "Siamo molto preoccupati per lo stato in cui versano le Rsa della provincia di Sondrio a causa di una molteplicità di fattori solo in parte dipendenti dallo stato di emergenza sanitaria causato dalla pandemia da Covid 19 ancora in corso" dichiara il segretario provinciale Dem, Michele Iannotti, interviene sulla situazione delle strutture sociosanitarie al collasso a causa della carenza di personale medico, infermieristico e di operatori socio sanitari.

"Un problema - afferma Iannotti - cui va data una risposta veloce e concreta. Il notevole ritardo accumulato sta cominciando a far venire meno alcuni servizi offerti agli utenti e ha già portato qualche Rsa a ridurre il numero dei posti letto a disposizione, come preludio alla chiusura di intere strutture". 

L’impossibilità di garantire i giusti standard qualitativi - aggiunge il responsabile del forum sanità, Marco Tam, "porterebbe al trasferimento negli ospedali dei nostri anziani, già messi a dura prova dal terribile impatto con il Covid, con conseguente aumento del numero delle degenze ospedaliere e di tutto quello che ne consegue".

"I provvedimenti del governo nazionale, varati durante l’emergenza - ricorda Lino Buratti  che all'interno della segreteria provinciale segue la materia sanitaria - hanno permesso agli ospedali pubblici di assumere infermieri e personale socio-sanitario portando di fatto ad una migrazione degli operatori dalle Rsa, pubbliche e convenzionate, verso il servizio sanitario nazionale, mettendo in difficoltà l'intero settore. La sola Rsa di Sondrio ha perso in due anni 20 infermieri, mentre in tutta la Lombardia ne mancano ad oggi circa 3.500".

"Non contestiamo la legittima scelta del personale di andare a lavorare negli ospedali pubblici, dove il trattamento economico è migliore - prosegue Tam -, ma se vogliamo garantire adeguati standard di assistenza nelle nostre Rsa dobbiamo contrapporre, con tempestività, elementi di freno all’esodo, sia mettendo in campo misure straordinarie, come l’introduzione immediata a favore del personale delle Rsa, grazie ad un'intesa con la Regione Lombardia, di incentivi economici che riducano la disparità di trattamento, sia con la stipula di accordi tra i gestori delle strutture per anziani e le Asst che devono mettere a disposizione il personale infermieristico ospedaliero necessario a gestire le situazioni di emergenza in cui si vengono a trovare le Rsa". 

"Occorrerà altresì incentivare - ricorda Buratti  -  l’organizzazione di corsi per la formazione di infermieri, operatori e ausiliari socio sanitari". "Riguardo a questi tre interventi la Regione Lombardia - chiosa Iannotti - deve giocare un ruolo da protagonista per la risoluzione di questo problema, e non da gregario come è avvenuto sinora, mettendo a disposizione risorse economiche aggiuntive. Sarà importante consentire, in deroga, l’esercizio temporaneo oltre il 31 dicembre di quest'anno delle figure professionali sanitarie che hanno conseguito il titolo di studio in Unione europea o in Paesi terzi".

"La situazione è drammatica - proseguono Iannotti , Tam e Buratti- e come sarà nei prossimi mesi quando bisognerà cominciare a far funzionare anche le Case e gli Ospedali di comunità? Non perdiamo ulteriore tempo". Accanto al problema del personale c’è quello economico; molte Rsa sono in squilibrio finanziario a causa dell’esigua quota giornaliera, che la Regione Lombardia trasferisce come retta per ogni utente, inadeguata a coprire i costi sanitari sempre maggiori per far fronte alle esigenza di un’utenza sempre più complessa e diversificata, "senza considerare - aggiunge Iannotti - i maggiori costi che le Rsa si sono dovuti sobbarcare in questi due anni per far fronte a tutte le iniziative legate alla gestione dell’emergenza sanitaria (Dpi, test diagnostici, isolamento, sanificazioni, ecc), che molto probabilmente non termineranno a breve".

"Se la Regione Lombardia non procederà a riconoscere i maggiori costi, le Rsa provinciali accreditate, con posti a contratto, avendo tutte le Fondazioni l’obbligo del pareggio di bilancio, per evitare di mettere in difficoltà le famiglie che non possono più prendersi cura dei loro anziani, saranno costrette (qualcuna lo sta già facendo) - ancora Tam - ad aumentare ulteriormente le rette a carico delle stesse famiglie; non è ammissibile il fatto che non solo nella nostra provincia, ma in tutta la Lombardia, gli anziani ricoverati in Rsa e le loro famiglie devono sobbarcarsi l'equivalente di due mesi all’anno per il costo dei servizi sanitari, mentre a domicilio ed in ospedale no".

E dunque per gli esponenti del Pd è necessario rivedere le regole che sostengono la collaborazione tra assistenza privata e assistenza pubblica alle persone più anziane e deboli. "Va pertanto riconosciuta appieno la funzione pubblica delle Case di riposo – chiosa Buratti -  che devono essere inserite a tutti gli effetti nel circuito del servizio sanitario regionale al pari di ospedali e medicina territoriale". "La presenza di un sistema di welfare regionale che ha moltissimi limiti e che impone interventi rapidi, qualificati ed efficaci - conclude Iannotti - rende evidente la mancanza di un progetto di ripartenza per le Rsa con politiche ed investimenti mirati di cui la Regione Lombardia si deve prendere carico, altrimenti la chiusura di molte Rsa diverrà un destino ineludibile con responsabilità politiche chiare".

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