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Bozzetti sondriesi. Piazza Campello e la vita di tutti noi

È sempre stata considerata “l’altra piazza” di Sondrio. E a ragione, perché ospita due antiche costruzioni che sono diventate simbolo della città. La prima è la torre campanaria, opera di Pietro Ligari. La seconda è il Municipio, ex palazzo Pellegrini, dove risiedevano i governatori Grigioni dal XVI al XVIII secolo. Ma ci sono altri importanti edifici, come la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio (Collegiata), l’ex Palazzo Botterini e la sede del Credito Valtellinese. Sull’ampio spazio davanti a quest’ultima, sorgeva, fino al 1939, la chiesetta del Santo Suffragio.

     Quando non era ancora pedonalizzata, la piazza ospitava un parcheggio lungo il lato sud della chiesa. Su quel marciapiede non c’erano gli alberi che successivamente hanno piantato. Insomma, appariva meno attraente di come si presenta oggi, ma era ugualmente animata, come si conviene ad ogni centro cittadino. Ricordo quando non c’era ancora il palazzo Rebai, con la lunga galleria commerciale. Esisteva, al suo posto, una vecchia casa che ospitava il negozio di alimentari “La Provvida”. 

     Un giorno degli anni ’50 (doveva essere una domenica mattina), mio padre mi accompagnò a vedere un raduno de’ La Vespa. Davanti alla porta principale della chiesa c’erano tantissimi di quegli scooters ronzanti, pronti a partire per una specie di parata cittadina. Mio padre, a quel tempo, aveva una Lambretta. Si sentiva, quindi, un rivale e guardava quei giovani elettrizzati, pronti a scattare sulle loro Vespe, con una specie di compatimento. 

     Quando avevo vent’anni, e militavo nell’Azione Cattolica, mi piaceva passare del tempo in compagnia, andando su e giù, lungo l’ampio marciapiede tra il parcheggio e il lato sud della Collegiata. Ricordo animate e piacevoli conversazioni serali con gli amici Pedro, Piercarlo e don Alberto Panizza, il quale ultimo passeggiava fumando l’immancabile sigaretta. 

     Ho sempre associato Piazza Campello a due cose: la vita religiosa e quella attiva, fatta di commissioni, di impegni e quant’altro. Da lì partivano le processioni del Venerdì Santo e del Corpus Domini. Da quella piazza si passava per entrare in Municipio, per andare in banca o per accedere alle viuzze del centro storico con i suoi negozi. E poi si riempiva l’angusta e vecchia rivendita di giornali e tabacchi: il Doro. 

     E su tutti svettava, come svetta ancora oggi, la Torre Ligariana. Si dice che rimase incompiuta nella sua sommità. Ma tant’è. Può essere, dopotutto, simbolo della vita di questa città e della vita di tutti noi: sempre incompiuta, ma sempre unica e grandiosa. 

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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