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Bozzetti sondriesi. L'Ermete

Giunse a Sondrio, mi pare, verso la fine degli anni ’50. Il suo ruolo era quello di coadiutore salesiano: una specie di laico factotum con mansioni di aiuto educatore.

     Quando lo guardavo da lontano, non potevo fare a meno di pensare a Renato Rascel. Non perché gli assomigliasse, ma semplicemente perché la corporatura e il modo di muoversi mi inducevano ad accostarlo a quel noto personaggio dello spettacolo. 

     Si muoveva un po’ a scatti, con aria indaffarata, un arcigno sorriso stampato sulle labbra, sopracciglia inarcate. Aveva sempre qualcosa da fare e difficilmente si poteva stare fermi a parlare con lui. 

     Da ragazzino frequentavo l’oratorio salesiano di San Rocco e mi trovavo spesso davanti l’Ermete, con quel suo attivismo qualche volta addirittura mozzafiato. Nei sonnolenti pomeriggi estivi, se ti avesse sorpreso annoiato nel campetto o sotto la tettoia del calciobalilla, ti avrebbe abbordato senza tanti complimenti per aiutarlo in qualcosa di utile. 

      Sapeva fare un sacco di cose ed era una specie di assistente tecnico. Ma anche un uomo pio, come doveva esserlo in quanto appartenente alla congregazione salesiana. Sempre ottimista, era un testimone della Divina Provvidenza. Anzi, si poteva dire che aiutasse la Divina Provvidenza ventiquattro ore su ventiquattro, almeno nell’ambito dello scenario socioeducativo dei salesiani sondriesi. 

     Quando, d’estate, c’erano le gite in montagna, l’Ermete non mancava mai. Si portava appresso il siero antivipera. Non mi risulta che l’avesse mai usato. Ma la scatola del farmaco era sempre puntualmente nel suo zaino e dava a tutti una specie di onirica sicurezza.

      Aveva cura delle persone, oltre che delle cose. Lodava le buone azioni ma non giudicava, e affidava alla misericordia dell’Altissimo tutte le cattive azioni a lui vicine o lontane. Apprezzava i successi degli altri e si complimentava spesso con grande spontaneità. Come quella volta che, alla notizia che mio fratello Lorenzo era diventato chirurgo, mi disse: – E avrà un grande successo, proprio perché ha fatto i geometri… e non il liceo classico. Sì, perché per tagliare le pance, bisogna prendere bene le misure.

     L’Ermete visse, invecchiò e morì a Sondrio. Con il tempo era diventato famoso non solo nell’opera salesiana ma in tutta la città, anche grazie alla sua apecar. Era conosciutissimo, anche perché a un certo punto s’era messo a raccogliere cartoni e cianfrusaglie a beneficio dell’Operazione Mato Grosso. 

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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