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Bozzetti sondriesi. La Camera di Commercio

Molti anni fa, l’angolo che unisce la via Gesù con la via Piazzi non si presentava come oggi. Ho un vago ricordo di un muro non tanto alto che nascondeva un’area verde, adiacente a quelle di Palazzo Sertoli e dei giardinetti Sassi. Ora vi sorge la Camera di Commercio, che forma, con la Garberia, un nucleo di architettura un po’ avveniristica nel cuore della città.

     Dico che il mio ricordo è un po’ tenue, per il semplice motivo che la Camera di Commercio fu ultimata nel lontano 1956, quando avevo solo sette anni. Il progetto risale addirittura al 1952. 

     Autore è l’artista e architetto Ico Parisi. La sua opera fa proprio una bella figura con quella forma di nave che veleggia tra le montagne, i muri bianchi che la fanno spiccare tra il verde dei giardini. Ma ricordo alcuni commenti negativi che avevo sentito da bambino. Qualcuno, infatti, disse che stonava nel contesto della nostra cittadina montana. Oggi penso che quei giudizi risultino non solo ingiusti, ma anche un po’ ridicoli. Cosa avrebbero detto, quegli stessi detrattori, davanti all’architettura, assai più azzardata, della Garberia? Secondo me, quell’edificio è un bell’esempio di arte moderna, fa onore non solo al suo autore, ma anche alla città di Sondrio. 

     All’età di dieci anni guardavo i telefilm di Perry Mason, alla televisione. Mi affascinava l’ambientazione urbana americana, con i grattacieli e le sfuggenti facciate in cristallo. Così, quando passavo davanti alla Camera di Commercio, mi sembrava di essere in uno di quegli scenari. 

     Quando ne compii tredici, cominciai ad appassionarmi alla fantascienza. E allora, quel vistoso edificio in via Piazzi, situato nel punto dove la strada acquista un certo respiro, diventando Largo Pedrini, esercitò su di me un nuovo fascino: quello della dimensione futuribile. 

     Frequentavo la terza media, quando buttai giù un raccontino ispirato alla camera di Commercio di Sondrio. Immaginavo che una mattina i miei concittadini si fossero trovati davanti a quello strano edificio, sorto misteriosamente in una notte o direttamente piombato dal futuro. 

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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