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Bozzetti sondriesi. Il vecchio Besta

Il vecchio edificio, che oggi ospita uffici della Provincia, fu per anni la sede dell’Istituto professionale Fabio Besta.

     A me è sempre piaciuto per quella sua architettura un po’ seicentesca, soprattutto sulla facciata in corso Vittorio Veneto, difronte al così chiamato Palazzo del Governo. Presenta due aiuole con alberelli sempreverdi e il busto del re Vittorio Emanuele. Quello che era il cortile interno è stato trasformato in un giardinetto pubblico, a dire il vero piuttosto brutto e poco frequentato.

     Mi pare che in tempi remoti fosse una specie di convento o di collegio. Poi, dalla seconda metà degli anni ’60, fu utilizzato per ospitare la prima scuola professionale per stenodattilo e segretari d’azienda. La riforma scolastica degli anni ’60 aveva abolito la cosiddetta “avviamento” e profilava nuovi e più qualificati corsi per avviare i giovani al lavoro.

     Qui approdai, nell’ottobre 1976, per il primo incarico nelle scuole superiori come insegnante di italiano e storia. Due anni dopo ero già di ruolo, grazie al corso abilitanti. 

     Ricordo che era una mattina piovosa e piuttosto freddina. L’anno scolastico era già cominciato. Entrai nella sala insegnati, un piccolo locale al piano terra con una finestra avara di luce che dava sul cortile. C’erano un vecchio e lungo tavolo di legno, brutte cassettiere alle pareti per riporre il registro. Mi accolsero il professor Morabito, insegnante di economia, e il professor Bonsanto, docente di diritto. Ricordo la loro cordiale premura nel mettermi al corrente dell’Istituto, dei vari corsi. Mi dissero che ero fortunato ad avere una classe degli addetti alla contabilità, perché ospitava ragazzi più motivati allo studio, alcuni dei quali si sarebbero iscritti al corso biennale di quarta e quinta per conseguire la maturità di segretari d’azienda. Mentre l’altra, una seconda stenodattilo, avrei dovuto prenderla con le pinze.

     I due colleghi furono molto gentili e premurosi e mi fecero subito sentire a mio agio. Poi entrò il professor Carlo Mola: discuteva in modo teatrale con una collega che mi sembrava in difficoltà. Presto imparai che era una specie di pezzo grosso nella scuola. Faceva anche il giornalista ed era un esperto di arte.

     Mi trovai subito bene in quell’istituto, che poi divenne il luogo fondamentale della mia carriera di insegnante. 

     Gli utenti erano quasi tutti di sesso femminile. Così vedevo le ragazze andare su e giù per quelle strette scale dai gradini in pietra, come fossero le educande di un vecchio collegio. Ma portavano già tutti i segni della modernità: zainetti, abiti sportivi alla moda, acconciature a volte ardite. Mancavano solo i telefonini.

     Quando il Besta si trasferì nel nuovo edificio al Campus, un po’ mi dispiacque. Se ci avevamo guadagnato qualcosa, fu solo in comodità.

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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