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Vittorio Moroni e la sua "L'invenzione della neve": l'intervista

Il regista originario di Sondrio torna al cinema con un film potente: le sue parole

Il regista sondriese Vittorio Moroni torna con il suo cinema interrogativo, fatto di scenari familiari in bilico, tra desideri ed emergenze emotive. Con “L’invenzione della neve”, presentato con successo in anteprima all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, Moroni pone delle domande e prosegue nel solco delle sue opere introspettive di vita vera. Questa volta ad esser raccontata è la storia di Carmen, una donna con un passato difficile, interpretata con straordinaria intensità da Elena Gigliotti. Sabato 16 settembre il regista accompagnato dall'attrice protagonista, tornerà nella sua città natale per presentare la sua nuova pellicola. L'appuntamento è doppio presso il rinnovato Cinema Excelsior, alle ore 18 e alle ore 21.

L’anteprima de “L’invenzione della neve” è andata in scena durante l’ultima Mostra del Cinema di Venezia alle Giornate degli Autori nella sezione Notti veneziane. Com’è andata?

“È andata molto al di là delle nostre aspettative. Mi è sembrato che il film sia stato accolto in maniera quasi trionfale da chi era in sala e anche le recensioni sono state tutte (o quasi) molto articolate. Il pubblico ha riconosciuto la bellezza e la forza di questo gruppo di attori e l'originalità, la diversità, del film. Il film può piacere o non piacere, ma tutti gli riconoscono una natura speciale”.

“L’invenzione della neve” ha avuto una gestazione lunga, durata quasi 10 anni. Cosa rappresenta per lei questo film?

“Questo film rappresenta, innanzitutto, la realizzazione di un sogno, quello cioè di poter mescolare due linguaggi a cui tengo moltissimo ed in cui ho lavorato molto nella mia carriera, il documentario, che adoro per il suo mettere in contatto con personaggi che non si conoscono, ed il mondo più controllabile del teatro e della scrittura, dove cerco quasi sempre di dare forma alle cose che immagino. Proprio per questa sua natura la gestazione è stata lunga. E poi perché è stato molto difficile convincere i finanziatori che potesse diventare un bel film. Fortunatamente abbiamo avuto pochi, ma decisivi, alleati tra cui l’ex Credito Valtellinese, oggi Crèdit Agricole, tra i primi a credere ne ‘L’invenzione della neve’. Poi sono arrivate anche due film commission molto importanti come quella pugliese e quella siciliana. È così che, alla fine, siamo riusciti a costruire il piccolissimo budget con cui abbiamo girato la pellicola. A tal proposito credo che questo film detenga un record, nel senso che è un film di quasi due ore girato in soli 18 giorni, quindi tre settimane, e non in 5 settimane come normalmente accade in questi casi. Ho sempre pensato che fosse il tempo giusto per girare questo film, per il modo in cui è stato scritto. E poi la ‘povertà’ in cui abbiamo dovuto muoverci ha reso tutti molto responsabili. Chi era parte di questo film sapeva di dover gettare il cuore oltre l'ostacolo”.

Parlava di diversi linguaggi. Perché questa scelta?

“Il film utilizza un dispositivo piuttosto anomalo, particolare, tanto che in molti hanno richiamato John Cassavettes, il quale è certamente un mio punto di riferimento, ma penso di aver introdotto degli elementi di novità, di esplorazione e sperimentazione. Abbiamo fatto un patto con gli attori, con la cinepresa e con il microfono. Il film è articolato in sole sei scene. Tutta la storia l’apprendiamo da queste sei feritoie e tutto quello che non c’è va immaginato, tra una feritoia e l’altra. Questo dà un’impostazione teatrale, con sei quadri. Dentro quelle scene abbiamo lavorato non permettendo agli attori di fermarsi. Qualunque cosa, qualunque incidente, accadesse doveva essere considerata come un accadimento possibile, come succede nella vita e nei documentari dove l'errore non esiste.  Questo non vuole dire che non ci fosse una sceneggiatura, anzi. C'era una sceneggiatura, alla quale io, Igor Brunello e Luca De Bei abbiamo lavorato per anni, concepita come una mappa di viaggio e non come il viaggio stesso. Il viaggio era quello che succedeva davvero sul set. Tutti questi piani sequenza sono poi stati valorizzati dal montaggio, permettendo una continua sorpresa”.

Anche l’animazione ha un ruolo centrale nel racconto de “L’invenzione della neve”…

“Si, l'animazione dura circa 5 minuti e percorre, sotterraneamente, il film. Le immagini, realizzate da Gianluigi Toccafondo, sono la visualizzazione del mondo interiore della protagonista. In qualche modo sono il contraltare di quello che succede nel film. Se il film racconta il modo in cui il mondo tratta Carmen, punendola e costringendola a rendere conto dei propri errori, l'animazione, d’altro canto, percorre il suo mondo interiore, la sua visione. In un certo senso è come se questo film fossero due film che corrono paralleli e si sfidano in continuazione. E a volte interferiscono anche dentro la stessa scena”.

Dal 14 settembre il film esce nelle sale italiane distribuito da “I Wonder” 

“Dopo l'esperienza di Venezia sarà in tutte le sale d'Italia. I Wonder è una casa di distribuzione molto importante che distribuisce normalmente i film che vincono i maggiori festival di cinema del mondo: i premi Oscar, le Palme d'oro a Cannes, etc.. Siamo molto lusingati di esser stati scelti in questo catalogo. In questi giorni tutti quanti stiamo soffiando sulla vela di questo film, nonostante il momento sia difficile per tutto il cinema e per le sale cinematografiche. Con gli attori, ma anche con gli sceneggiatori , stiamo accompagnando il film in giro per l’Italia nella speranza che possa ‘incontrare’ delle persone che lo possano amare. Come tutti i miei film non penso che ‘L’invenzione della neve’ piaccia a tutti. Non lo desidero neanche. Mi piace pensare che sia un film che arriva in modo potente ad alcuni. Mi sembra che questo a Venezia sia successo. Una delle parole più usate per descrivere la prima impressione dagli spettatori è stata ‘perturbate’. Mi sembra un bel sentimento che racconta di un film non organizzato a tavolino per piacere. È una pellicola che pone domande e lo fa in modo da attendere dallo spettatore la collaborazione alla risposta. Questo è il cinema che mi piace fare”.

Pubblico e critica hanno molto apprezzato il cast del film. Come li avete scelti?

“Tutti mi dicono ‘dov'erano questi attori?’. Ci abbiamo messo veramente un'eternità per trovarli. Abbiamo fatto dei provini molto diversi da quelli che normalmente si fanno. I miei provini duravano due ore circa ed erano estremamente approfonditi. Avevamo bisogno di attori che avessero non solo una prossimità con il personaggio, ma anche una tecnica solidissima, che fossero in grado di reggere quei 25 minuti senza interruzione che chiedevo per ogni scena. Abbiamo scelto degli attori bravissimi, usati pochissimo dal cinema e dalla tv, con la sensazione di averli un po' scoperti e di averli spinti verso il confine estremo delle loro abilità. Il cast è la forza di questo film e la luminosità dell’attrice protagonista, Elena Gigliotti, è spettacolare. Nessuno la conosceva veramente, è un po' una scoperta che si affaccia nel panorama del cinema italiano”.

L'invenzione della neve

Carmen ama troppo intensamente, troppo a modo suo e il mondo non glielo perdona. Lei e Massimo si sono lasciati, ma Carmen continua a considerarlo l’uomo della sua vita. Adora Giada, la figlia che hanno avuto insieme e che adesso ha 5 anni. La bambina è stata affidata al padre, alla madre il permesso di vederla una volta ogni quindici giorni. Carmen non ci sta: sa di aver commesso degli errori, ma anche di essere una buona madre e non permetterà che accada di nuovo quello che è successo a lei da bambina. Se il mondo la vuole distruggere, lei trasformerà il mondo.

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Chi è Vittorio Moroni

Nato a Sondrio nel 1971 Vittorio Moroni ha scritto sceneggiature per Emanuele Crialese (Terraferma, 2013; L’immensità, 2022), Francesco Costabile (Familia, 2023 in produzione), Alessandro Gassman (Razzabastarda, 2014), piece teatrali (Il grande mago, Penso che un sogno, La terza vita...) e ha diretto film e documentari che sono stati selezionati e premiati nei maggiori festival internazionali (Venezia, Locarno, Torino, Toronto HotDocs, Idfa, Brooklyn). Nel 2003 firma insieme ad Andrea Caccia il documentario, Sulle tracce del gatto, vincendo il Premio per la miglior regia al Brooklyn Film Festival.

L'esordio nel lungometraggio risale al 2004, con Tu devi essere lupo, film con il quale ottiene una nomination ai David di Donatello per miglior regista esordiente. Nel 2007, ha presentato Le ferie di Licu, tra gli altri, a Toronto Hot Docs e Idfa. Lo scorso anno con il documentario Non ne parliamo più si è aggiudicato il Premio speciale della Giuria al Torino Film Festival.

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