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Domenica, 28 Aprile 2024
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Bozzetti sondriesi. La caserma dei pompieri

Così la chiamavo da bambino. Ed era una presenza familiare nella zona in cui abitavo.

     L’edificio sorge, ancora oggi, sull’incrocio tra le vie Fiume, Nazario Sauro e Toti, ma è adibito ad altro uso. Ospita la Questura, dopo che questa è stata trasferita dalla precedente sede in via XXV Aprile.

     Quell’incrocio è molto trafficato e risulta piuttosto pericoloso. Lo era un po’ meno nei tempi passati, quando il movimento dei veicoli interessava quasi esclusivamente le vie Nazario Sauro ed Enrico Toti. Dal tratto di Via Fiume, verso la ferrovia, non arrivava quasi nessuno perché c’erano solo prati. Nel successivo segmento, in direzione nord, passavano alcune auto e le corriere che facevano servizio nei paesi di Montagna, Poggi e Tresivio. Quindi, non c’era il semaforo, ma solamente il segnale di stop per dare la precedenza a coloro che percorrevano le due consequenziali vie che formavano la circonvallazione.

     Da bambino ero ovviamente affascinato dai vigili del fuoco e dal loro armamentario. Correvo alla finestra tutte le volte che passavano l’autobotte e l’autoscala per una chiamata d’emergenza. Ricordo anche una micidiale autoambulanza: un furgoncino tutto rosso, dal muso allungato, la cui sirena lacerava i timpani e poteva essere udita a chilometri di distanza.

     Non interveniva così frequentemente come oggi, per fortuna. Anzi, quando partiva a tutta birra, uscendo dalla casermetta, faceva letteralmente notizia.

     Un pomeriggio inoltrato, sul marciapiede antistante il bar Alpina, udii questo breve scambio di parole: 

    – Staduman l’è pasada l’autoambulanza. 

    – Ho sentit. Cusa l’è sucess. 

    – I dis che l’è ‘ndada in Vial Milan per un che ‘l s’è impruna’ cun la Lambreta.

    Quando frequentai le Magistrali, ogni tanto avevo a che fare con i vigili del fuoco per via delle esercitazioni che facevano nel cortile, adiacente a quello dell’Istituto.

     Ma ai pompieri, ormai, non badavo più. Ero cresciuto.

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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