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Bozzetti sondriesi. Il ponte di Albosaggia

Quella che correva dalla ferrovia verso l’Adda si chiamava via Bonfadini. Da un certo punto in poi, diventò via Vanoni, almeno dal giorno in cui fu realizzato il viadotto vicino dell’incrocio con via Mazzini. 

     Io me la ricordo quando era una strada poco frequentata, che tagliava diritta per i prati, prima di arrivare all’argine. In fondo c’era il ponte, unica via d’accesso per chi da Sondrio voleva recarsi in Albosaggia. 

     Era un ponte stretto, dai parapetti in ferro. Ci passava un veicolo alla volta e, prima che fosse demolito, fu transitabile a senso unico. Immetteva nella contrada detta Porto, un gruppo di case che oggi risulta solo di poco incrementato. Chi saliva alla Moia o al Paradiso, proseguiva lungo la strada asfaltata che portava, appunto, nel cuore del comune di Albosaggia. Chi, invece, piegava a destra, si dirigeva verso il Torchione, costeggiando il corso dell’Adda. Ma quella strada, fino agli anni ’60, era un percorso sterrato, poco più che una strada rurale, che in qualche modo arrivava fino a Caiolo. 

     Oggi tutto è cambiato. Il vecchio ponte non c’è più. Quello nuovo è integrato nel sistema di svincolo della tangenziale. L’argine è stato trasformato nel nuovo percorso di transito veloce che consente ai viaggiatori di bypassare la città.

     Avevo quattordici o quindici anni, quando un giorno d’estate andai in bicicletta lungo la strada sterrata che dal ponte portava dalle parti di Caiolo. Faceva un gran caldo. Non avevo considerato il fatto che l’ora (le due del pomeriggio) era del tutto sbagliata. 

     Arrivai fino al Torchione e mi dovetti fermare perché stavo rischiando un colpo di sole. Cercai un po’ d’acqua, ma senza risultato. 

     Allora decisi di tornare indietro, dopo essermi riposato un po’ all’ombra di un noce. Feci una gran fatica. Sudavo, pedalando come un fuggitivo sull’orlo della disperazione. 

     Finalmente raggiunsi il ponte al Porto. Mi sembrava di avere guadagnato l’Eden. Ma la gioia fu solo temporanea. L’accesso era ostacolato da un camion in panne. Teneva, in larghezza, tutto lo spazio, impedendo il passaggio anche di una bicicletta. 

     Mi toccò un’altra mezzoretta di sofferenza, prima di rientrare, disidratato, nella mia abitazione in via Nazario Sauro.

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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