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Martedì, 23 Aprile 2024
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El Crap del Diaul

L'antica leggenda legata a questo "strano" masso

Ogni valle ha i suoi misteri. Quella del Davaglione ne è particolarmente prodiga. Il più famoso è legato all'epica sfida fra il diavolo ed il canonico di San Giovanni. Nelle leggende la figura del diavolo appare sotto una duplice veste. Da un lato si mostra come il Principe delle Tenebre, l’artefice primo dei danni materiali e spirituali che affliggono l’umanità, il signore cui recano omaggio le varie creature che la paura popolare ha immaginato nella schiera degli esseri malefici, prime fra tutte le streghe. Dall’altro viene presentato come una figura dai tratti più sfaccettati, nel linguaggio contemporaneo si direbbe un perdente, che vede sfumare miseramente i suoi progetti, ed alla fine, magari, sembra più un povero diavolo che un terribile artefice di male. 


E’ questo il caso del diavolo del Davaglione, o di San Giovanni, la bella località che si trova, a 1000 metri di altitudine, fra i boschi del versante occidentale della valle del Davaglione, sopra Montagna in Valtellina, a 7 km dal centro del paese. A San Giovanni (san giuàn, frazione un tempo assai popolata: contava 122 abitanti nel 1861) si trova una graziosa chiesetta quattrocentesca, il cui campanile si può scorgere anche da lontano, perché si erge al di sopra della linea di larici ed abeti. La chiesetta, dedicata a San Giovanni Battista, venne poi restaurata in due successivi momenti, nel Seicento e nel 1707, e mostra, sul lato destro della facciata, un affresco tardo cinquecentesco, che raffigura il battesimo di Cristo, episodio evangelico che riguarda, appunto, San Giovanni Battista. Questo raccontano le cronache ed i documenti ufficiali. 


Una diffusa leggenda popolare, però, (riportata nell'articolo "Geologia spicciola del Davaglione...", di Guiscardo Guicciardi, in "Rassegna Economica della Provincia di Sondrio, 1976) aggiunge alcuni particolari suggestivi. Pare che l’edificazione di questa chiesa fosse un evento così significativo, che il diavolo chiese a Dio di potervi contribuire. Non gli fu detto di no, ma gli venne posta una condizione ben precisa: doveva portare a valle il masso più grande del “gandon de Mara”, cioè della grande ganda che si stende, nell’alta alpe di Mara, ai piedi del versante meridionale dell’omonimo corno. Non solo, ma doveva portarlo sul sagrato della chiesa prima che ne venisse ultimata la costruzione e che suonassero le campane della cerimonia di consacrazione. Non era una condizione da poco, perché il masso era assai pesante, ed anche un diavolo ha il suo bel daffare per caricarselo sulle spalle e portarlo giù, diverse centinaia di metri più in basso. Ma il diavolo non si perse d’animo, cercò il masso, se lo mise in spalla e cominciò a scendere sbuffando. 
Aveva calcolato male i tempi: quando giunse, non fece neppure in tempo a deporre a deporre il macigno, che le campane cominciarono a suonare, annunciando la consacrazione della chiesa, già bell’e terminata. Rimase, è proprio il caso di dirlo, scornato, perché, alla fatica

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