rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Quella volta che a Stresa a morire furono dodici valtellinesi

La recente tragedia della funivia caduta sul Mottarone riporta alla memoria quando accaduto nel 1948 ad una dozzina di operaie del Cotonificio Fossati di Sondrio. Il racconto

Siamo ancora tutti sconvolti dalla tragedia avvenuta appena domenica 23 maggio, sulla funivia che porta al Mottarone. E la memoria mi ha subito riportato a un’altra tragedia, avvenuta sempre lì, a Stresa, un luogo benedetto da Dio per il clima e per le bellezze naturali che vi si possono ammirare (basti pensare alle misteriose Isole Borromee). Stresa, nei decenni passati, rappresentava una delle mete preferite dalle “gite di comunità”. Quei viaggi di un giorno organizzati dalle varie Ditte (Fossati, Martinelli ecc.) e dalle associazioni: come l’AVIS, la Filarmonica, le organizzazioni parrocchiali … E si tornava a casa felici, in quei tempi, quando viaggiare era un fatto straordinario. Ma, torniamo alla tragedia, quella che me ne ha ricordata subito un’altra, di tanti anni fa. Avvenuta, incredibilmente, sempre a Stresa.

Avrebbe dovuto essere la classica crociera di un giorno sul lago Maggiore, da ricordare per tanto tempo per le cose belle viste, per la gioia collettiva e il buonumore. Invece … Si trasformò in un fatto sconvolgente, talmente incredibile che toccò il cuore di tutti, in particolare dei valtellinesi. La guerra era finita da poco più di tre anni. Un conflitto che aveva lasciato in tante famiglie un segno profondo, una ferita dolorosa per la mancanza di un proprio caro (tanti ancora speravano, contro ogni evidenza, che un giorno o l’altro il marito o il figlio o il fratello – dichiarati dispersi - sarebbero rientrati come per magia dall’immensa e spietata Unione Sovietica) o per i ricordi di ingiustizie e di orrori visti o subiti. Allora, nelle nostre piccole comunità, la festa patronale, le gite parrocchiali o quelle organizzate dalla fabbrica dove si lavorava diventavano un momento unico ed eccezionale per viaggiare, per far festa, per stare in allegria tutt’insieme. In poche parole, anche per dimenticare – per quanto possibile - quel che era stato.

Ed ecco in che modo quella che doveva essere una grande festa si trasforma, invece, in una spaventosa tragedia. L’anno è il 1948. E’ la festa dei santi patroni di Sondrio, Gervasio e Protasio, il 19 di giugno. E proprio da Sondrio si parte alle prime luci dell’alba. Sono ottocento tra operaie e operai, la maggior parte donne, liete e festose. Era la gita sociale del Cotonificio Fossati. Un’intera giornata in viaggio, lontane dalle tribolazioni quotidiane. Erano stati invitati anche gli ex dipendenti. Ecco perché nel gruppo c’erano una trentina di filatrici piuttosto anziane. La Valtellina l’avevano lasciata in treno. Arrivate a Laveno, eran salite su tre battelli prenotati apposta per la gita: l’Alpino, il Piemonte e il Lombardia. Laveno è sulla sponda orientale del lago Maggiore. Verso le 10.00 si arriva a Stresa, sulla sponda ovest del lago. Lo spirito è sempre alto, nonostante una pioggerella fastidiosa.

Si resta a Stresa per un’ora e mezza. Si tratta pur sempre di una gita. Si scherza, si ride, si sta allegri. Intanto, visto il tempo bruttino, con continui rovesci di pioggia fastidiosi, le gitanti cominciano ad affollare la stazione dei battelli. Si aspetta, con sempre maggior impazienza, che i battelli, già ormeggiati, diano il segnale per poter salire a bordo. Il programma della gita prevede di toccare Pallanza, passando accanto all’Isola Bella e all’Isola Madre. Un breve viaggio sul lago Maggiore, un luogo straordinario (per inciso, il severo “The New York Times”, ancora nel 2019, ha collocato le Isole Borromee tra i dieci luoghi più affascinanti del mondo). Manca un quarto a mezzogiorno. I battelli sono ormeggiati al pontile.

Vien dato il segnale d’imbarco. E’ allora che tante, troppe, si precipitano sul pontile per salire sui battelli e trovare un posto comodo e riparato. Infatti, la pioggia continua a scendere. E proprio in questo momento succede l’irreparabile. Il pontile, nella parte verso il lago, cede all’improvviso e provoca la caduta nell’acqua di quasi duecento persone. Purtroppo la calca non riesce a bloccarsi, anche perché – a causa della pioggia, che continua a cadere – il pontile di legno risulta scivoloso. La tragedia avviene in pochi minuti. I tre battelli – i due speciali, “Lombardia” e “Piemonte”, più uno di linea, “L’Alpino” – erano ormeggiati davanti al pontile e questo contribuisce a far finire sotto la chiglia tutte quelle che si erano posizionate davanti, per salire tra le prime. Tra l’altro, il poco spazio tra battelli e il pontile rende molto difficile le operazioni di salvataggio. Le urla di chi precipita nel lago o che sta per finirci dentro – in quel punto l’acqua è alta sei o sette metri - mettono in moto i primi interventi di soccorso.

I barcaioli locali lasciano le loro attività e si precipitano per soccorrere chi è già in acqua. Enrico Diverio è uno di questi. Non esita un istante. Senza pensare ai rischi che corre, si toglie le scarpe e i pantaloni e si tuffa nel lago. Riesce a salvare parecchie persone che, anche impedite dagli abiti, si dibattono disperatamente. Non contento – come si legge in un verbale ufficiale, compilato un mese dopo la tragedia dal segretario comunale di Stresa, - “dato che parecchi erano già stati assorbiti dalle acque, il Diverio non esitava a tuffarsi raggiungendo il fondo del lago anche sotto le chiglie dei piroscafi e, a più riprese, riusciva a portare in superficie cinque vittime, delle quali due risultarono sopravvissute dopo le cure che furono loro prestate dal locale Ospedale. Si fa presente che le acque hanno in quel punto la profondità di 6-7 metri e che le operazioni erano particolarmente difficili data la ristrettezza di spazio in cui avvenne la sciagura, considerando anche la massa dei naufraghi. Inoltre, per risalire alla superficie si doveva evitare le chiglie dei battelli”.

pontile stresa crollato 1948-2

La tragedia ha naturalmente una vasta eco sui giornali. Il Corriere della Sera, nell’edizione di domenica 20 giugno, il giorno dopo la tragedia, pubblica un articolo dal titolo: “Crolla il pontile di Stresa e centinaia di persone precipitano nel lago”. Il catenaccio dà immediatamente lo spessore della tragedia: “Dodici salme recuperate finora”. E, infatti, alla fine, saranno in dodici – dieci donne (tra di loro una quindicenne, una diciassettenne, una diciottenne, una ventenne e una ventunenne. La più anziana aveva appena trentott’anni) e due uomini – a perdere la vita nelle acque del lago Maggiore. Sette delle vittime risiedevano a Sondrio, quattro ad Albosaggia e una a Faedo. Una tragedia agghiacciante, ormai dimenticata da tutti, avvenuta settantatré anni fa. Una tragedia che ha avuto come scenario – quando si dice il destino – Stresa e il lago Maggiore. Stresa, da dove domenica 23 maggio 2021, era partito allegro e spensierato il gruppo di persone, compresi alcuni bambini, che è precipitato insieme alla cabina della funivia. Una tragedia che ci ha sconvolto tutti.

Quando ieri ho sentito questa notizia spaventosa, mi sono subito ricordato del tragico episodio di settantatré anni fa, quello del 19 giugno 1948. E ho pensato di rievocare un ricordo familiare. Mio zio Giulio Romeri faceva il cuoco al Cotonificio Fossati e anche lui aveva partecipato a quella che avrebbe dovuto essere una lieta scampagnata sul lago Maggiore. Un giorno - io frequentavo ancora il liceo - me ne aveva parlato, dicendomi anche – ma così, quasi per caso – che, in quella occasione, era riuscito a salvare alcune persone dalle acque del lago. E ricordo che su una parete del suo appartamento, a Sondrio, c’era un quadretto che conteneva un attestato al valor civile. Al momento, però, non ci avevo dato grande importanza e – come talvolta capita - anche questo avvenimento è rimasto nascosto in un cassettino, dentro il grande armadio dei ricordi.

Ma, adesso che esiste Internet, ho provato a fare una ricerca. E qualcosa ho trovato. Su “Il Tempo di Milano” (domenica 20 giugno 1948) c’è una foto, con una didascalia che recita:”La signora Rosa Moscatelli, di 43 anni, abbraccia il suo salvatore Guido Romeri”. A dire il vero, il nome usuale di mio zio era Giulio Romeri (nei documenti ufficiali però ho scoperto che si chiamava Giulio Guido). Ho proseguito la ricerca e ho trovato la conferma che si tratta proprio di lui, di mio zio Giulio. Infatti, sul “Corriere della Sera” (sempre di domenica 20 giugno 1948), in un articolo di cronaca, trovo “Il cuoco Guido Romeri, di Sondrio ha salvato da solo 15 persone”. Non c’è più alcun dubbio che si tratti di lui; perché mio zio Giulio Romeri faceva il cuoco al Cotonificio Fossati.

Poi, grazie a sua figlia Sonia, ho potuto vedere, con una certa commozione, un documento, rilasciato il 9 ottobre 1949 dall’allora Ministro dell’Interno, Mario Scelba. Un attestato che conferisce una Medaglia di bronzo al valor civile all’operaio Giulio Guido Romeri per l’atto coraggioso compiuto a Stresa il 19 giugno 1948: “Verificatosi il cedimento di un pontile sul lago di Stresa, e precipitate in acqua numerose persone che vi sostavano in attesa di imbarco, si prodigava infaticabilmente e con suo rischio nelle operazioni di salvataggio, riuscendo, dopo lunghi e generosi sforzi, a trarre in salvo molti pericolanti”. Ho voluto ricordare ancora una volta questo episodio, dopo aver scoperto che quasi tutte le persone che conosco non lo ricordavano proprio per niente. Perfino i parenti l’avevano ormai dimenticato. La tragedia agghiacciante di domenica (la funivia del Mottarone parte proprio da Stresa) me l’ha di nuovo riportato alla memoria. E ho deciso di raccontarlo ancora. E’ vero, alcuni avranno già letto la cronaca che ho raccontata qui sopra. Però, ce ne saranno altri che non l’hanno ancora vista oppure che la potrebbero rileggere volentieri.

E questa volta, proprio per “fare memoria” elenco i nomi delle vittime sfortunate. Noi sappiamo che non saremo morti finché qualcuno ci ricorderà. Io ne sono convinto.

Elenco nominativo dei deceduti il 19 giugno 1948 a Stresa

Tutti operai del cotonificio “Fossati” di Sondrio:

FORTINI Fortunato, residente ad Albosaggia (30 anni).

EVANGELISTI Bruna, residente a Sondrio (24 anni),

ROMERI Franca, residente ad Albosaggia (20 anni),

DE BERNARDI Angela Maria Margherita, residente a Faedo (19 anni),

SCHIEGHI Riccardo, residente ad Albosaggia (46 anni),

ROMERI Giuliana, residente ad Albosaggia (17 anni),

TADDEO Florinda, residente a Sondrio (23 anni),

PEDRAZZOLI Lidia, residente a Sondrio (17 anni),

ROSSATTI Ancilla, residente a Sondrio,

TOGNINALLI Giovanna, residente a Sondrio (15 anni).

BACCI Palmira, residente a Sondrio (36 anni),

PREVISDOMINI Clelia, residente a Sondrio (38 anni)

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Quella volta che a Stresa a morire furono dodici valtellinesi

SondrioToday è in caricamento