rotate-mobile
SondrioToday

SondrioToday

Redazione

Bozzetti sondriesi. La stazione dei treni

Nella tarda estate del 1960 mi capitava spesso di portare il fratellino Marco a vedere i treni alla stazione. Lui aveva due anni e mezzo, io undici. Lo tenevo per mano e facevo con lui quei quattro passi lungo la via Nazario Sauro e Piazzale Bertacchi. La piccola abitudine durò qualche tempo delle vacanze, complice la mamma che in quel modo alleggeriva la casa nelle due ore che precedevano il pranzo.

     Guardavamo arrivare l’accelerato delle undici e venticinque da Milano: una serie di quelle carrozze con tanti sportelli e i sedili di legno, trainata da un locomotore marrone. Il treno si fermava lentamente sul primo binario, in un ridondante stridore di freni. Tra un vagone e l’altro si sprigionavano nuvole di fumo bianco, che avvolgevano i passeggeri in uscita. Inutile dire che il bimbo rimaneva affascinato da quello spettacolo. 

     La stazione di Sondrio, in quegli anni, era un terminal. Tutti i convogli si fermavano lì. La prosecuzione per Tirano richiedeva un cambio di treno. Sul quinto binario attendeva un trenino che poteva ben figurare nei film western. Una locomotiva nera trainava tre o quattro carrozze verdi con terrazzino di coda. 

     Il treno per Tirano impiegava quasi un’ora a percorrere quei venti chilometri. Sulla salita di Fiorenza andava a passo d’uomo. Gli studenti, che rientravano dopo una mattina di scuola, scendevano addirittura dal mezzo in movimento, spigolavano qualche acino d’uva nei vigneti lungo la linea e risalivano con un balzo in carrozza.

     Nella stazione di Sondrio, a quell’epoca, ci lavoravano almeno venti persone tra capostazione, impiegati, bigliettai, deviatori e manovali. Era un posto a modo suo vivo, con una sua caratteristica; non come oggi, che è diventata un autentico “non luogo”, dove tutto è automatizzato e spersonalizzato. Fuori, sul piazzale Bertacchi, c’era un grande movimento di taxi, di corriere. E poi, il bar dei Lanzetti e l’albergo Negrini offrivano accoglienza e ristoro ai forestieri che approdavano nel capoluogo valtellinese.

     Come vero viaggiatore, io cominciai a frequentare la stazione di Sondrio nel 1968, quando per la prima volta feci da solo il viaggio a Milano per iniziare il primo anno di Università. Da quella volta, per due anni, ogni domenica sera o lunedì mattina (stavo, infatti, in un collegio universitario) salivo sul treno, che si avviava lentamente sul primo o sul secondo binario. Vedevo, attraverso il finestrino, le strutture della stazione sfuggire, poi le case di Sondrio; sentivo il convoglio sferragliare lungo il ponte sul Mallero e provavo un certo disagio nel lasciare la mia casa, la mia città. Ma quando avevo lasciato alle spalle anche il dosso della Sassella, la malinconia mi passava e pensavo alla nuova settimana che mi attendeva nella metropoli lombarda.

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

Si parla di
Sullo stesso argomento

Bozzetti sondriesi. La stazione dei treni

SondrioToday è in caricamento