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Redazione

Bozzetti sondriesi. Il fantasma del manicomio al Moncucco

Mia madre spesso diceva: 

     – Nel posto più bello di Sondrio, dovevano proprio andare a costruire un manicomio?  

     Così l’abbiamo sempre chiamato, in anni in cui il politicamente corretto era di là da venire. Si trattava però del termine ufficiale, che rendeva meglio l’idea di quella precisa funzione. 

     Ne venne deliberata la realizzazione nel 1906 e cominciò a funzionare tre anni dopo. Andò alla grande negli anni ’20 e ’30, mentre durante il periodo bellico risentì soprattutto della penuria di cibo. Nel 1944, infatti, registrò il decesso di ben settanta ammalati a causa della tubercolosi. Si riprese negli anni ’50, sotto la dirigenza efficiente del Dr. Cargnello, e chiuse definitivamente i battenti con la legge 180 del 1978. 

     Ora, l’ex ospedale psichiatrico “Carlo Besta” è un luogo di fantasmi, forse nel vero senso della parola. Presenta qualche residuo di attività socioeducativa per soggetti portatori di disturbi e deficit comportamentali, ma niente di più.

     I padiglioni sono per lo più dismessi, mentre la costruzione principale, nel suo imponente e massiccio stile liberty, domina ancora la città. E da vicino suscita una certa impressione. 

     Tutte le volte che ci passo davanti, passeggiando tra il Piazzo e Colda, non posso fare ameno di ricordare il timore che quel luogo mi suscitava da bambino. 

     Mia madre ne parlava sempre con una certa aria di mistero, alludendo ai “poveri matti” che vi erano ricoverati. Diceva che erano sottoposti a sedute di elettroshock. E io tremavo al solo pensiero di un poverocristo seduto sopra una specie di sedia elettrica. La mamma diceva anche che si praticavano interventi con acqua caldissima e acqua gelata, che si faceva indossare la camicia di forza ai soggetti particolarmente agitati. Tutto questo mi incuteva paura. E quando sentivo nominare, pur con grande rispetto e ammirazione, il dott. Cargnello, nella mia mente scattava l’immagine di una specie di ufficiale nazista. 

     Si trattava solo di impressioni, ovviamente, legate a quel tipo di malattia che, interessando la mente umana, possiede qualcosa di sfuggente e misterioso.

     Oggi (dicevo) è una struttura di fantasmi, appollaiata sul Moncucco, fra alti cedri e robinie, con le vigne di Ponchiera alle spalle e i tetti di Sondrio in basso, nel fondovalle. 

     E immagino che un fantasma, di notte, si affacci a una finestra della massiccia e severa costruzione principale, indossi la camicia di forza e abbia il volto pallido, esangue di un tubercolotico all’ultimo stadio. 

Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".

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