Bozzetti sondriesi. Il cuore di Sondrio e il salmone di papà
Via Dante, via Cavallotti, Via Ferrari, Via Meneghini, Via Boffalora, Via Parravicini erano (e in qualche modo ancora lo sono) le strade che mantenevano in vita e facevano pulsare il cuore di Sondrio, cioè quella parte di centro storico che forma una specie di triangolo tra le piazze Garibaldi, Campello e Cavour.
Sostanzialmente le cose sono rimaste come una volta. Ma chi, come me, era ragazzino negli anni ’50 e ’60 può notare una certa differenza. Mentre la vitalità di oggi è chiassosa, di tipo ludico e consumistico, quella dei tempi passati era, per così dire, sostanziale, cioè dettata dal bisogno quotidiano di incontrare le persone, svolgere servizi, procurare di che nutrirsi e di che vestirsi. Allora non si chiamava nemmeno centro storico, ma Sondrio Vecchia.
Qui c’erano i negozi più antichi, che davano la piena affidabilità e la garanzia dei prodotti genuini. Qualcosa è rimasto, ovviamente, ma si è molto adeguato ai tempi. C’erano Regazzoni, Pozzoni, Rigamonti, Motta. C’era la Provvida, che si affacciava in piazza Campello.
Presso la rosticceria salumeria Pozzoni, mio padre ci lasciò mezzo del suo stipendio di maestro una sera del 1954, proprio dopo avere ritirato il suo mensile. Volle infatti acquistare (e provare, perché gli era del tutto sconosciuto) del salmone. Era in compagnia del direttore didattico, il quale ne aveva già ordinato una settantina di grammi. Mio padre, un po’ per non fare brutta figura, un po’ perché pensava alla moglie e ai tre figlioletti che lo attendevano a casa, se ne fece dare un chilo e mezzo. Non si era reso conto del prezzo di quella (per i tempi) rarità. E un po’ si era meravigliato del fatto che il suo superiore ne aveva ordinato così poco. Il ricordo che ho è della scenata che gli fece mia madre quella sera stessa, facendogli andare di traverso il pesce pregiato.
Quando frequentavo le elementari, mi piaceva passare dalla cartoleria Uber, in via Cavallotti. Il proprietario era un omino dalla gentilezza contenuta, premuroso, pronto a fornirti ciò di cui avevi bisogno. Nel 1961 entravo nel suo negozietto buio ma accogliente, che odorava di cancelleria, per comprare le figurine del Risorgimento. A volte ci lasciavo cinquanta lire, perché aggiungevo una gomma, una matita o due pennini da inchiostro.
Nel periodo natalizio, quelle stradine fiancheggiate da vecchie case, non erano illuminate come oggi. Le luci venivano più che altro dalle vetrine, dalle solite lampade o da qualche alberello piazzato in un angolo strategico. D’estate, invece, le ricordo per gli odori che filtravano dalle porte aperte dei negozi: aromi che ristagnavano, invitando il passante ad entrare.
La gente s’incontrava, parlava, salutava. Una volta, io e mio nonno Celso impiegammo una buona mezzora a percorrere la via Dante da piazza Garibaldi fino a piazza Cavour per raggiungere via Lavizzari, dove lui abitava. Il nonno non aveva commissioni da svolgere o cose da comprare, quel giorno. Impiegò tutto quel tempo solo perché doveva fermarsi a salutare e a scambiare qualche parola con persone di sua conoscenza.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".