Bozzetti sondriesi. Quella Coca Cola al Grumello
Avevo dodici anni. Un caldo pomeriggio d’estate lasciai l’oratorio di San Rocco per salire al Castel Grumello. Con me c’erano un paio di amici coetanei e mio fratello Lorenzo. Volevamo fare una specie di passeggiata trasgressiva, mentre i nostri genitori ci credevano sotto l’ala dei Salesiani.
E qualcosa di trasgressivo la facemmo davvero quando, prima di arrivare ai ruderi dell’antico maniero, uno dei due amici sfilò una bottiglietta di coca cola da un camioncino per le consegne, fermo sul ciglio della strada. Eravamo oltre Colda, vicino ai tubi della centrale idroelettrica.
– Via, scappiamo! – fece il compagno ladruncolo. E ci mettemmo a correre in salita.
Fu una piccola bravata, che non ci costò nulla ma che ci procurò una certa ansia.
Infatti, arrivammo al castello e ci nascondemmo tra i rovi che infestavano parte del corpo occidentale della vecchia costruzione medioevale. Bevemmo la bibita, passandoci la bottiglia come dei vecchi pirati. Ma sentivamo più senso di colpa che soddisfazione. Ricordo che poi ci mettemmo in silenzio a guardare il panorama.
Io mi sentivo sporco e guardavo dall’alto la città, su cui stagnava un velo di afa.
Pensavo a quello che avrebbero detto i miei genitori se avessero saputo della scappatella e del piccolo furto. Ma poi mi consolò l’idea di trovarmi in un luogo dove dovevano essere successe cose assai peggiori, in quel periodo che si chiama medioevo. Allora non sapevo ancora che il castello apparteneva alla famiglia De Piro, di tendenza ghibellina, che fu poi conquistato dai De Capitanei di Masegra nel 1372 e che venne distrutto dai Grigioni nel 1526. Ma mi immaginavo qualcosa di simile e mi crogiolavo nella consolazione di essere solo un ragazzetto del ventesimo secolo, che aveva semplicemente partecipato a una marachella.
Mio fratello e i due amici cominciarono ad arrampicarsi sui muri diroccati, mentre io continuavo a guardare la città. Mi sembrava che fosse diventata più piccola, quasi un gruppo di case sperduto nella valle, circondato da prati e da un verde che faceva da padrone. Adesso, pensando al recente sviluppo urbanistico, so che quell’impressione non era solo prodotta dal senso di colpa.
Continuava a fare molto caldo, ma le balze del Grumello erano battute da una brezza piacevole.
Poi decidemmo di rientrare in città. Non ce la sentivamo di ripercorrere la stessa strada per Colda. Scendemmo, invece, a Montagna Piano, lungo la mulattiera tortuosa tra i vigneti. E poi, dai Trippi, scarpinammo verso casa.
La bottiglietta di coca cola, vuota e appiccicosa di zucchero, fu abbandonata tra i rovi di un castello medioevale.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica "Bozzetti sondriesi".