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In rampa di lancio lo Scimüt, il formaggio della Valmalenco

Il 5 dicembre a Spriana il primo incontro voluto dal Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco e Onaf per il rilancio del formaggio magro tipico della valle del Mallero: "Prodotto di nicchia da valorizzare"

Valorizzare il territorio e le sue produzioni casearie. È con questo intento che il Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco, insieme a Onaf Sondrio, l'Organizzazione nazionale assaggiatori formaggi, ha deciso di promuovere il progetto di "conoscenza e valorizzazione del formaggio Scimüt, una produzione di eccellenza della montagna valtellinese". Un percorso "accarezzato" da anni per rilanciare il formaggio magro tipico della Valmalenco, nato nel solco della Festa dell'Alpeggio organizzata ogni settembre a Chiareggio. 

"Purtroppo dello Scimüt si stanno perdendo le tracce poco a poco. Il nostro intento è quello di valorizzare i piccoli produttori per farlo diventare un prodotto territoriale di nicchia, capace di avere qualità ma anche quantità in termini economici per chi lo produce. È con questo spirito che il prossimo 5 dicembre, presso il polifuzionale di Spriana (dalle ore 9, ndr), faremo una chiacchierata con i produttori di Scimüt per cercare di capire, insieme a loro, come fare per valorizzare al meglio un prodotto che è sempre stato un vanto per tutta la provincia di Sondrio e come fare per farlo 'affiancare' ai più blasonati e famosi Casera e Bitto DOP", ha spiegato Dario Ruttico, presidente del consorzio turistico.

Come detto lo Scimüt, formaggio della Valmalenco, è un "latteria magro", ottenuto cioè dalla lavorazione del latte vaccino intero (o parzialmente scremato, o totalmente scremato) con un'aggiunta di caglio animale. La sua denominazione è una PAT (prodotto agroalimentare tradizionale). "Prevalentemente viene fatto con latte scremato, prodotto cioè con il latte rimasto dopo che la lavorazione del burro con l'affioramento della panna. La percentuale di grasso varia, per tradizione familiare, o per periodo dell'anno. Non 'filando' è un formaggio che si presta principalmente per fare sciatt e pizzoccheri. Con questo nuovo percorso vogliamo stabilire una continuità di filiera, mappando chi produce Scimüt, per favorirne la vendita e quindi la conoscenza dal punto di vista turistico. Siccome abbiamo tutti un orizzonte olimpico davanti, cominciare a mettere in vetrina le nostre peculiarità può essere un elemento in più da affiancare a quelle tradizionali", ha evidenziato il presidente di Onaf Sondrio, Oscar Del Barba.

scimut

"Provate ad assaggiare un formaggio latteria magro di due aziende distinte: impossibile trovare una uguaglianza, troverete qualche lieve similitudine, mai una identicità" afferma Fides Marzi Hatungimana di Onaf quando parla dei formaggi della Valmalenco. L'ambiente, il clima, l'andamento stagionale, la cura dedicata al processo di trasformazione e di conservazione, ha dato origine a un prodotto che si evolve nel tempo e le cui caratteristiche organolettiche rimangono legate a ciascuna azienda e al momento della produzione. 

È per questo che è difficile al momento parlare di disciplinare codificato, come avvenuto invece per Bitto e Casera. A lungo termine lo Scimüt potrebbe divenire un "presidio di Slow Food". Anche di questo se ne parlerà a Spriana con i produttori locali (circa una ventina al momento), facendo partire di fatto un progetto a cui il Consorzio turistico tiene molto, anche in una logica di sostegno ai piccoli allevatori, veri custodi del territorio.

"In Valmalenco abbiamo sempre avuto una forte richiesta di burro, è per questo che lo Scimüt fa parte della nostra tradizione. È una produzione che produzione tradizionale che deve essere valorizzata e portata avanti. Ben vengano progetti come questo. Lavorare il formaggio è un’arte", ha aggiunto la malenca Ida Nani, allevatrice e assessore all’agricoltura della Comunità montana di Sondrio. Grande la soddisfazione dell'Associazione Regionale Allevatori della Lombardia (ARAL), rappresentata dal presidente valtellinese, nonchè vicepresidente regionale, Gianmario Tramanzoli. "Il mondo della zootecnia di montagna andrà avanti solo se avrà un forte collegamento sinergico con il turismo perché le nostre produzioni sono poche. Noi produciamo poco ma produciamo bene, con alte qualità. Per questo dobbiamo venderle bene. Dobbiamo creare valore aggiunte non alla tonnellata, ma al litro di latte. In questa logica  questa iniziativa è indispensabile"


Lo Scimüt: la lavorazione tradizionale

Come illustrato dagli esperti di Onaf, nel passato, il latte della mungitura, versato nelle conche, veniva lasciato riposare per mezza giornata per permettere l'affioramento della panna. Questa veniva poi asportata e utilizzata per produrre il burro. Il latte rimasto dalla scrematura veniva versato nella caldaia e portato a una temperatura variabile tra i 30° e i 35 ° a cui veniva aggiunto il caglio di origine animale (presame). Dopo mezz'ora circa la cagliata veniva frantumata con un ramo di Pino o diabete privato della corteccia, ma non dai rami (taràk); a seconda della tipologia di formaggio che si voleva produrre - e secondo le tradizioni locali - eventualmente si sottoponeva la cagliata a una seconda cottura. Il formaggio veniva poi messo nella forma fascera e pressato, sgrondato e salato.

Attualmente la lavorazione si ispira a quella della tradizione. Il latte, scremato dalla panna per affioramento, viene versato nella "culdera" e scaldato a circa 30°; in questa fase viene aggiunto il caglio (quàc) stemperato in acqua calda. Dopo circa 40 minuti il latte si coagula formando la cagliata. Con il cazèt (una mestola piatta) la cagliata viene girata sottosopra per ottenere una temperatura uniforme, poi, con la lira e con il taràk, viene tagliata fino ad ottenere dei granuli finissimi: la cagliata così trattata prende il nome di scemüda. La scemüda viene lasciata sgrondare per alcuni minuti e poi con le mani viene raccolta e strizzata fino a formare una palla consistente al punto di essere maneggiata. Questa palla viene messa sul persul del scérse (un piatto di legno con i bordi rialzati al cui interno è collocata la fascera). Si procede poi alla pressatura dentro la fascera e la forma ottenuta, nel passato prendeva il nome di Scemüt, oggi Scimüt, anche se le due versioni fonetiche coesistono. Dopo circa due giorni, quando la forma si presenta asciutta si procede alla salatura e dopo quattro giorni circa viene tolta dalla fascera e deposta su un piano di legno per la stagionatura. 

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