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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Neve, turismo da ripensare per il futuro della montagna

Luca Rota, scrittore e blogger esperto di montagna, risponde alle considerazioni del direttore del Consorzio turistico Sondrio e Valmalenco, Roberto Pinna: "Servono nuovi modelli"

Nei giorni scorsi il direttore del direttore del Consorzio turistico Sondrio e Valmalenco, Roberto Pinna, ha espresso alcune considerazioni a proposito del turismo invernale, alla luce dei cambiamenti climatici ed economici in atto. Parole decise che non sono sfuggite a Luca Rota, scrittore e blogger lecchese esperto di montagna e di cultura. "Trovo sempre interessante e significativa la lettura degli interventi sui media degli operatori dell’industria dello sci e dei soggetti politico-economici ad essa legati, ovviamente in bene e in male. Alcuni, come quello del direttore del Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco, mi fanno sorgere divertite suggestioni", spiega Rota, tanto da spingerlo a fare un parallelismo con le notizie diffuse dagli organi di informazione cinesi.

"Mi spiego: nell’intervista il direttore Pinna – figura certamente capace per il ruolo che ricopre – esprime considerazioni alle quali ci si può certamente trovare concordi. Come quando afferma che 'molte voci si augurano una transizione verso un’altra industria del turismo invernale in montagna, dove non tutto ruoti attorno alla neve'. O quando osserva che 'è vero che gli sport invernali, elemento di punta dell’offerta turistica, dipendono fortemente dall'affidabilità della neve ed è quindi importante comprendere gli impatti e i rischi dei cambiamenti climatici'. Tutte cose giuste, sembra proprio che il direttore si ponga perfettamente al fianco di chi già da tempo invoca e promuove un cambiamento profondo dei paradigmi turistici montani, d’altro canto inevitabile vista la realtà climatica in divenire e delle numerose variabili economiche, ecologiche, sociali, culturali che oggi ben più di ieri pesano sulle modalità di gestione del turismo nei territori montani (e non solo lì)", spiega lo scrittore a SondrioToday.

"Altre osservazioni del direttore Pinna sono invece discutibili ('L'innevamento artificiale rappresenta ancora oggi la strategia di adattamento dominante') tuttavia ci sta, ci mancherebbe: il direttore osserva le cose dal suo punto di vista e in base alle proprie convenienze, legittimamente. Ma ecco che, sul finale dell’intervista, scatta l’apparente giravolta: 'A chi mi dice, allora si dovranno investire meno risorse nel turismo invernale, dico che ne servono di più'. Ma come? E le strategie basate sulla diversificazione delle attività? E l’analizzare, ripensare, investire, convertire? Il territorio che deve investire per coprire anche quei gettiti estivi che non sono sufficienti all’apertura? Tutte queste opportune considerazioni e poi alla fine si pretende che si investa ancora più di prima sul turismo invernale. Sembra proprio di leggere le notizie dei giornali cinesi, espressione diretta della propaganda del potere ovvero della sua palese ambiguità. Che è parimenti l’espressione delle mire geopolitiche cinesi: legittima solo dal loro punto di vista ma equivoca da qualsiasi altro", prosegue Rota.

"A leggere le parole del direttore Pinna viene da pensare che si voglia far credere qualcosa ma, in fine dei conti, si miri a qualcos’altro; o, per dirla gattopardianamente, si finga di voler cambiare tutto ma si punti a non voler cambiare nulla, come se nulla stesse accadendo – non solo dal punto di vista climatico – e come se null’altro potesse importare e abbisognare alla montagna e alla sua comunità residente nell’ottica di uno sviluppo complessivo e strutturato del territorio. Ovvero come se non si volesse considerare null’altro che non sia il proprio business – “proprio”, non della montagna, sottolineo di nuovo. Legittimo, certamente, che si sia d’accordo o meno".

Superare l'egemonia dello sci

Ma quanto può stare ancora in piedi quella che Rota chiama ambiguità? "Spero a lungo, per certi versi, ma se così non dovesse andare come purtroppo innumerevoli report scientifici fanno temere parimenti ad altrettante analisi di natura socioeconomica e culturale, che ce ne faremo di tutti quegli investimenti rivelatisi fallimentari? Tentare quanto meno di dare corso a certe considerazioni e avviare veramente un modello che includa ogni sviluppo turistico – anche quello sciistico, certo, ma non più dominante come quasi nemmeno i cinesi saprebbero fare! - il più possibile svincolato dalle variabili climatiche o di altro genere e in grado di costruire un futuro ben più sicuro di quello che oggi può assicurare l’egemonia dell’industria dello sci?".

"Se si vuole che il turismo continui a restare una risorsa importante e un sostegno proficuo per i territori montani, lo sviluppo e la programmazione delle sue attività devono necessariamente avere un visione temporale a medio-lungo termine e una capacità di inclusione innanzi tutto della comunità residente e del suo intero tessuto socioeconomico, le cui filiere locali vanno sostenute a fianco del comprato turistico e in modi equilibrati ad esso, proprio per garantire nel tempo alla comunità una certa indipendenza economica, dunque anche sociale: che non sarà totale, senza dubbio, e la quale dunque potrà essere ben supportata dal turismo o da altre attività affini. Ma è questa la via migliore (forse l’unica?) per costruire il futuro dei territori montani, senza ambiguità in stile cinese e con profonda consapevolezza della realtà nella quale si opera, su scala locale tanto quanto generale. Includere, non escludere: è bene che tali belle e giuste parole diventino fatti altrettanto belli e concreti. Speriamo di riuscirci, tutti insieme", conclude il lecchese.

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