Il politicamente corretto che impone la rivisitazione delle fiabe
Fa discutere molto una tendenza sempre più accentuata: la rivisitazione di film, opere d'arte o testi letterari in nome del politicamente corretto, per eliminare quelle che agli occhi e alle orecchie di molti fruitori attuali (non certo però nelle intenzioni di chi ha scritto il libro o girato il film) paiono come elementi discriminatori nei confronti di una determinata categoria di persone o verso certe sensibilità o comunque escludono delle componenti divenute sempre più presenti anche nella cultura e nella società occidentale e che invece, ai tempi, erano marginali.
Il fenomeno non sta risparmiando nemmeno le fiabe più conosciute della tradizione, come sottolineato dalla nostra lettrice Patrizia Marraffa di cui riportiamo integralmente la riflessione:
Ho ascoltato un podcast di Vera Gheno (sociologa) dal titolo "Biancaneve, le fiabe e lo spirito del tempo" che incoraggiava a rivisitare le fiabe della cultura occidentale in nome della cultura woke figlia del politicamente corretto,che ci obbliga a rivedere i valori della civiltà occidentale perché in passato ”la cultura bianca ha prevaricato tutte le altre;le fiabe servono a formare modelli mentali,sociali e culturali perciò è bene che siano adeguati ai tempi che si vivono per dare una visione non parziale della complessità sociale. Perciò occorre riflettere sull’ insensibilità sociale delle epoche passate”.
Tutto ha inizio perché la Disney ha deciso di sostituire i sette nani della fiaba dei fratelli Grimm con un gruppo eterogeneo di uomini e donne per “rinfrescare la storia e per non rafforzare degli stereotipi". Inizio con il dire che non sono d’accordo con questa tesi .Per questione di tempo cercherò di sintetizzare il mio pensiero.
La fiaba è frutto di un sentire popolare e le fiabe quali Biancaneve, la Sirenetta etc sono figlie della cultura orale occidentale tramandata nel corso dei secoli. In quest’ottica per ovvie ragioni storiche la/il protagonista erano bianchi e gli elfi non potevano essere neri o con tratti somatici orientali o di altra provenienza. I fratelli Grimm, Charles Perrolt ed altri non hanno fatto altro che dare corpo alla fantasia delle genti, basata su un comune sentire storico-culturale. Io perciò non approvo la cultura “della cancellazione” perché la ritengo anti storica oltre che stupida. Cancellare o ritoccare le fiabe cristallizzate dallo spirito del tempo, mi lascia stupita (soprattutto da insegnante di storia).
Le altre civiltà hanno le loro fiabe (cileni, indiani ,africani …) che riproducono il sentimento di quei popoli e sicuramente i protagonisti hanno colore, tratti somatici, valori che riflettono quelle culture (magari non hanno l’industria cinematografica di Walt Disney !?). Io da ginnasiale ho amato i miti greci; essi hanno riempito con gioia il mio immaginario e non ero turbata (né lo sono stata dopo) dalle avventure galanti e poco ortodosse del signor Zeus. Ero già consapevole che quei modelli erano legati a quella cultura anzi (in questo caso) sono stati degli archetipi culturali nel corso dei secoli successivi. Occorre avere il coraggio di non essere succube della cultura woke cioè del politicamente corretto sempre e comunque, altrimenti faremmo attraversare ad Annibale le Alpi non con gli elefanti ma con i carri armati.
Noi siamo sicuramente figli di un nuovo sentire e perciò occorrerà creare cose diverse e condivise che tengano presenti l’inclusività (se la vogliono) ma occorre non cancellare o ritoccare il sentimento delle epoche che ci hanno precedute. Mi piace sottolineare che nella teca del mio soggiorno convivono statuette in avorio di manifattura africana con riproduzione di opere archeologiche della Magna Grecia. Il contrasto è bellissimo ed armonioso!