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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Morbegno, è scontro per la moschea nell'ex mobilificio Baraglia. L'attacco di Ruggeri

Alta tensione nella città del Bitto dopo il consiglio comunale: «Una vicenda che, via via, sta assumendo toni sempre meno chiari. Il sindaco ha capito che stato chiesto uno spazio per pregare?»

A Morbegno non intendono placarsi le voci - e le polemiche - intorno all'ex mobilificio Baraglia e all'uso che verrà fatto dello stabile sito nella zona industriale lungo la Statale 38. Da giorni in paese si parla infatti del possibile insediamento di un luogo di culto mussulmano.

Se nella giornata di lunedì 17 maggio, dopo i primi articoli su alcuni organi di stampa locale, il sindaco Alberto Gavazzi aveva precisato che «il vigente strumento urbanistico (PGT) non prevede la possibilità di insediare nuove strutture religiose», ad intervenire ora nel dibattito, dopo il consiglio comunale tenutosi nella città del Bitto nella serata di giovedì 20 maggio, Andrea Ruggeri, ex sindaco ed ora capogruppo di minoranza con CambiaMorbegno 2.0.

«Una vicenda che, via via, sta assumendo toni sempre meno chiari»

«Dagli articoli apparsi in questi giorni sui quotidiani, correlati dalle dichiarazioni virgolettate del Signor Sindaco, si ritiene necessario indicare i punti certi di una vicenda che, via via, sta assumendo toni sempre meno chiari. Quanto andremo a riportare è frutto della doverosa curiosità che una carica istituzionale deve avere di fronte ad argomenti o materie che interessano il proprio Ente, ma dei quali, spesso, per distanza culturale tra tutti i motivi, è quasi totalmente ignorante. Per tale motivo mi sono preso con i Colleghi opportuno tempo per studiare l’argomento di cui si sta parlando da giorni in Città». Si apre così la nota stampa di Andrea Ruggeri con cui l'ex sindaco cerca di far luce sull'argomento.

«Premetto che con il nostro intervento non c’è nessuna volontà discriminatoria verso alcuna professione di culto, in quanto da Consiglieri comunali, quindi da cariche elettive dello Stato italiano, affermiamo la nostra più completa laicità nell’esercizio delle funzioni e dei diritti a noi attribuiti dalla Legge. Ma sia ben chiaro che il carattere dell’intervento non è rispondere alla domanda “Moschea sì, Moschea no ?”. Tanto premesso, andiamo per punti certi».

La ricostruzione di Ruggeri della vicenda 'ex Baraglia'

In maniera puntuale Ruggeri ha ricostruito la vicenda:

1. a inizio febbraio la stipula del contratto di locazione tra ex Baraglia/de Magistris e il Centro culturale islamico per l’affitto del capannone in cui operava l’ex falegnameria, con canone di affitto di circa 100.000 €, palesemente fuori mercato, per una superficie di 2000 m quadri. La causa contrattuale è lo svolgimento di “attività artigianale”, ovvero una attività totalmente compatibile con le norme del vigente PGT (ex piano regolatore).

2. da parte del proprietario, a marzo, la richiesta al Comune di integrazione di destinazione d’uso dell’immobile, ad oggi artigianale commerciale, con l’aggiunta della destinazione culturale.

3. Fatto, questo ultimo, dichiarato dal Sindaco Gavazzi nel virgolettato dell’articolo apparso su “La Provincia" martedì 18, con l’aggiunta che la richiesta meritasse di essere meglio argomentata perchè troppo generica.

4. Le plurime dichiarazioni del Signor Sindaco, tramite comunicato stampa e dichiarazioni rese alla stampa locale, per le quali la destinazione dell’immobile esclude categoricamente la possibilità di realizzarvi una moschea.

5. Un avvenuto incontro tra il signor Sindaco e il Centro culturale islamico, nel corso del quale Gavazzi dichiara di avere posto il diniego di poter realizzare una moschea ai richiedenti perché attività non prevista dalla vigente destinazione d’uso e le successive dichiarazioni contrastanti da parte di qualcuno (dichiaratosi vicino all’associazione religiosa musulmana) sui social, poi smentite nei giorni successivi.

«Chiesto al Comune uno spazio in cui pregare il proprio Dio»

«Ora - prosegue Ruggeri - citiamo due capisaldi normativi che possono aiutare a fare quella chiarezza che, evidentemente, nessuno ha avuto il coraggio di fare. Secondo il dispositivo dell’art. 19 Costituzione: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata , di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume ”. Secondo l’articolo 3 della Costituzione del Marocco, lo stesso è Stato islamico. Ne discende che la profonda vicinanza tra religione islamica e Stato impone ai Cittadini/0 fedeli l’obbligo di cinque preghiere al giorno. Dovere che può essere superato soltanto in casi particolarissimi, ma principalmente fortemente sconsigliato in quanto considerato peccato gravissimo».

«Tanto premesso, è evidente che, da parte del De Magistris sia stata inoltrata al Comune (come detto sopra) una richiesta di ampliamento della destinazione dell’immobile, per includervi la destinazione culturale. È ovvio infatti che, essendo gli affittuari aderenti alla religione islamica, vi siano per loro la necessità ed il dovere di professare la propria religione, adempiendo alla pratica delle cinque preghiere prescritte. Evidentemente questa è una condizione necessaria: per concludere il contratto d’affitto tra le parti e, contestualmente, per gli affittuari, per non incorrere in comportamenti contrari alla Legge italiana. Secondo la religione islamica, per quanto non vi sia un divieto di poter pregare in alcun luogo, eccetto la prescrizione di non disturbare gli altri, è naturale pensare che l’Associazione abbia semplicemente chiesto al Comune, per tramite del proprietario dell’immobile, di poter avere, all’interno di un’attività commerciale o artigianale, uno spazio in cui pregare il proprio Dio».

«È stato chiesto uno spazio per pregare. Gavazzi lo ha compreso?»

«Pertanto - prosegue Ruggeri - non volendo considerare gli svariati pensieri, elevati o meno, che hanno spostato l’attenzione su quella becera questione se si voglia o meno la moschea, arriviamo alla sintesi. Poiché una ipotetica variante del PGT, nello specifico la richiesta di ampliamento di destinazione della struttura artigianale e commerciale, a destinazione anche culturale, è materia di Consiglio, non riteniamo che il signor Sindaco, come dichiarato, debba approfondire con gli Uffici se la richiesta sia accoglibile, perché “troppo generica". È stato chiesto uno spazio per pregare…Lo ha compreso ora? Non possiamo pensare che il Sindaco non sappia che l’Associazione Musulmana ha semplicemente chiesto di regolarizzare una sua necessità, che il PGT vigente impedisce: esaudire l’obbligo di pregare, che viene, peraltro ad avere tutela nel riconosciuto diritto costituzionale di esercitare la propria fede (nello specifico islamica): nello specifico, per almeno due volte al giorno, coincidente con gli orari “canonici” di apertura di una attività commerciale e/o artigianale. Porre ipoteticamente dei dinieghi significherebbe obbligare questi “individui” musulmani ad esercitare il proprio diritto di culto o all’esterno, sul piazzale, ovvero in un luogo diverso dall’immobile, interrompendo il proprio lavoro, magari alla presenza di clienti, per raggiungere un luogo in cui non diano fastidio (così come prescritto dalla stessa religione musulmana). E questo lo deciderebbero gli Uffici in piena autonomia?».

La frecciata a Gavazzi

«La domanda è - conclude il capogruppo di Cambiamorbegno 2.0. - se la sente di esprimere una valutazione come Primo Cittadino se portare in Consiglio comunale la richiesta di ampliamento della destinazione d’uso dell’immobile? Riteniamo di essere stati ampiamente esaustivi nell’avere portato alla Città e al suo Consiglio tutti gli elementi che in questo momento permettono al Sindaco di rispondere. La buriana mediatica sulla questione la obbliga a fare chiarezza nei confronti di tutti i Cittadini di Morbegno, perché, principalmente, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”».

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