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Impianti di risalita chiusi, la rabbia del sindaco di Aprica: «Lo sci è ormai diventato il male assoluto»

Dario Corvi contro la scelta del Governo di non far aprire seggiovie e funivie per contrastare ulteriore diffusione del covid-19: «L'esito di questa decisione sarà la morte di molti comprensori e attività»

Secondo quanto anticipato dal Governo, in attesa della conferma ufficiale con l'entrata in vigore del prossimo Dpcm, gli impianti di risalita resteranno chiusi ancora per diverse settimane. Una scelta non da poco per alcuni territori italiani, tra cui la Valtellina e la Valchiavenna. «Lo sci è ormai diventato il male assoluto, facciamocene una ragione. Il motivo? I potenziali assembramenti generati dagli impianti di risalita. Questo dipinto è esito della campagna mediatica scattata lo scorso 8 marzo, dalla quale sembra che non esista nulla più pericoloso e virale dello sci. Se si raccontasse correttamente cosa accadde quel giorno, esito della follia di chi impose una riduzione della portata senza ridurre il numero delle persone che potevano accedere ai comprensori, ci si accorgerebbe che con le giuste regole lo sci non sarebbe un problema. Tanto che un protocollo è stato definito, con sensibili rinunce ma garantendo la continuità del sistema. Lo sci, uno sport che si pratica in solitaria all'aria aperta. Ma ormai il demone è finito nel tritacarne, facciamocene una ragione». A dichiararlo è il sindaco di Aprica, Dario Corvi, con una riflessione sulla gravità che la chiusura prolungata degli impianti di risalita nelle località sciistiche per limitare il contagio da covid-19 porterebbe con sè nel tessuto economico locale.

«Quello di cui non si parla è che chiudere gli impianti di risalita significa chiudere le località turistiche invernali e tutta la loro economia. Si, perché quelle infrastrutture tanto demonizzate, che hanno costi di gestione enormi, tengono in piedi interi sistemi, che si compongono di alberghi, scuole di sci, negozi, noleggi, ristoranti, bar e ogni altra attività presente sul territorio. Si chiudono dunque le montagne e la loro fragile economia. Questo significa chiudere gli impianti di risalita. Allora, per paradosso, vorrei che sul prossimo Dpcm non fosse scritto "restano chiusi gli impianti di risalita", ma che più correttamente ci si assumesse la responsabilità di scrivere "restano chiuse le località turistiche montane e la loro economia". Perché di questo stiamo parlando» ha aggiunto polemicamente il primo cittadino aprichese.

«Quando poi sento equiparare il rischio dello sci a quello corso con le discoteche aperte questa estate mi chiedo se chi ha fatto queste affermazioni abbia mai sciato nella sua vita e sappia cos'è la montagna. Credo di no. Ma ripeto, ormai lo sci è il demonio. E noi che di questo viviamo siamo tutti piccoli demoni ai quali non è mai stata nemmeno data la possibilità di dimostrare che questo paventato rischio in realtà non esiste se ben gestito, come invece è stato fatto per tutte le altre attività» ha aggiunto il sindaco di Aprica.

«Esito di questa decisione sarà la morte di molti comprensori e attività. Alberghi chiuderanno definitivamente, negozi non riapriranno più, ristoratori appenderanno le pentole al chiodo. E si, le società che gestiscono gli impianti di risalita falliranno, trascinando con sé tutta la montagna e la sua economia. ln compenso ci troveremo il prossimo anno sulle piste svizzere, austriche o francesi, perché molte di quelle italiane non riapriranno più» ha concluso Corvi.

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