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Lana di pecora, l'idea di Simona Pedrazzi: "Si valorizzi come un prodotto agricolo locale"

La leghista della Valmalenco: "Oggi la lana prodotta non può essere utilizzata come prodotto agricolo locale. Per usare la lana come materia prima per l’abbigliamento, materiale ignifugo o per la coibentazione edile e automobilistica si importa dall’estero. È un paradosso". L'appoggio bipartisan

“Sembra un paradosso pensare che la lana di pecora prodotta dai circa 460 mila capi ovini presenti nelle Regioni del Bacino Padano, come anche quella prodotta in tutta Italia, non possa essere utilizzata come prodotto agricolo locale a km0, ma, per avere la lana come materia prima per l’abbigliamento, o come materiale ignifugo e per la coibentazione nel settore edizio o ancora come rivestimento per l’interno dei veicoli si debba invece importarla dall’estero. Questo accade perché ad oggi non esistono impianti di lavaggio della lana grezza in grado di trattare neppur parzialmente le circa 1380 tonnellate di lana prodotte all’anno che quindi, per poter essere utilizzate, vengono prima trasportate all’estero per il lavaggio e poi riportate in Italia. Tutto ciò finisce per diventare un costo a carico dei pastori a cui si aggiungerebbe quello dello smaltimento della lana, che essendo considerata un rifiuto speciale è soggetta ad un iter particolare”.

Così interviene il consigliere regionale valtellinese Simona Pedrazzi, che per affrontare concretamente la questione ha presentato oggi una Proposta di Risoluzione in commissione Agricoltura che è stata sottoscritta con entusiasmo dai consiglieri di tutti gli schieramenti politici. “Obiettivo del mio provvedimento - spiega  Pedrazzi - è quello di impegnare la Giunta regionale a costituire un gruppo di lavoro composto sia da consiglieri, sia da portatori di interessi pubblici e privati al fine di creare una filiera della lana di pecora per la Lombardia e per l’Italia settentrionale. Nella Proposta di Risoluzione chiedo anche alla Giunta di reperire le risorse necessarie per sostenerne l’avvio e di procedere ad un confronto con i corrispondenti assessorati presso le Regioni e le Province autonome interessate. Infine, di avanzare al Governo la richiesta affinché sia riconosciuta alla lana la classificazione di prodotto agricolo sotto il profilo fiscale".

Processo di valorizzazione 

La creazione della filiera della lana di pecora per la Lombardia e per l’Italia settentrionale contribuirebbe, di fatto, a valorizzare un prodotto agricolo locale che da rifiuto speciale acquisirebbe un valore di mercato e potrebbe anche portare alla creazione di un marchio di filiera tramite il coinvolgimento degli stackeholder. Inoltre, favorirebbe la conservazione delle razze ovine autoctone, patrimonio zootecnico di biodiversità oggetto di specifico sostegno nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale, e concorrerebbe al superamento delle criticità che caratterizzano la pastorizia quale attività tradizionale utile per la gestione del territorio in termini di conservazione delle praterie e di prevenzione del dissesto idrogeologico e del rischio di incendio.

"Indiscutibili sarebbero anche i vantaggi ecologico ambientali, derivanti dalla riduzione delle emissioni dipendenti dal trasporto necessario per l’importazione di lana dall’estero ed inoltre, investendo in impianti di lavaggio tecnologicamente avanzati  vi sarebbe un risparmio di risorse idriche ed energetiche; Infine, una migliore tosatura oltre che a vantaggio del capo, si traduce in una superiore qualità del vello da destinarsi al lavaggio abbattendo altresì i costi di questa operazione, contribuendo nel ridurre i costi legati all’attività dell’allevamento degli ovini. Un’opportunità anche formativa ed occupazionale, - conclude Pedrazzi - che attraverso l’avvio di percorsi di formazione professionale preparerebbe figure da impiegarsi nel settore laniero. Attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain, verrebbe a crearsi un sistema di filiere sinergiche legate alla pecora, tracciabili tra loro, dalla produzione tessile, alla produzione lattiero casearia, alla produzione della carne, il tutto a beneficio dell’ambiente e a tutela del consumatore finale”.

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