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Deborah Compagnoni lancia l'allarme per la sua Valfurva isolata dalla frana del Ruinon

La campionessa di sci ha scritto una lettera al Corriere della Sera: «Mi chiedo se sia mai possibile in un Paese civile una cosa del genere»

Le preoccupazioni sono tante, anche da lontano. Deborah Compagnoni non abbandona la sua Valfurva e con una lettera accorata e personale, indirizzata al Corriere della Sera, lancia l'allarme ed un appello alle istituzioni. Una missiva, pubblicata dal quotidiano milanese martedì 27 agosto 2019, in cui la campionessa olimpica di sci alpino chiede di adottare quanto prima azioni che possano ricollegare la Valfurva, oggi semi-isolata a causa della continua minaccia provocata dalla frana del Ruinon, al resto della provincia di Sondrio e della Lombardia.

Che cosa è la frana del Ruinon? Le caratteristiche

Di seguito vi proponiamo la lettera scritta dalla Compagnoni nella speranza che la situazione provocata dalla frana del Ruinon possa presto esser risolta, una volta per tutte:

«Magnifica Terra et Honorate Valli», così fin dall’antichità veniva descritta Bormio con le sue valli, un capolavoro dove la natura ha dato il meglio di sé. Da sempre sono meta molto apprezzata per il turismo, con Santa Caterina e la Valfurva tra le migliori che questa vasta porzione di Valtellina possa offrire, tanto da essere completamente inclusa nel Parco nazionale dello Stelvio, l’area protetta più grande delle Alpi. 

Qui si trova il ghiacciaio vallivo più grande delle Alpi italiane, attorniato da un susseguirsi di cime oltre i 3.500 metri, il leggendario Gran Zebrù, uno dei simboli dell’alpinismo sull’arco alpino; l’unico esempio di tundra artica in Italia, a pochi metri dal Passo Gavia, valico tra i più elevati d’Europa con i suoi 2.621 metri, meta tra le più gettonate dai ciclisti e non solo. La Val Zebrù, perla del Parco, dove foreste di abeti e larici sorvegliano dal basso magnifiche e possenti montagne di dolomia e calcare che segnano il confine con il Sudtirolo, teatro delle battaglie più alte della storia dell’umanità durante la prima guerra mondiale. 

La mia Santa Caterina è il centro turistico per eccellenza della valle, posto in una conca a 1.738 metri di altitudine; qui sono cresciuta e, con gli anni, mi piace pensare che questa natura meravigliosa abbia contribuito a farmi diventare un’atleta di successo, forgiando il mio carattere e lasciandomi segni indelebili. Quello che sono diventata lo devo anche a Santa Caterina e alla Valfurva. Con le sue piste da sci, teatro di due mondiali nel 1985 e nel 2005, tra le quali quella a me intitolata, o l’altrettanto famosa «Valtellina», tra le piste di fondo più tecniche delle Alpi, rappresenta un Paradiso per le attività invernali come quelle estive, con centinaia di chilometri di sentieri e mete alpinistiche di pregio. Insomma, la Valfurva per me, come per molti, rappresenta la vita, la mia infanzia, il luogo dove ho lasciato il cuore, dove mi sento a casa.

Questo piccolo gioiello è purtroppo gravemente messo a rischio da una frana, il Ruinon, che minaccia oltre alla provinciale che lo raggiunge dal fondovalle, gli abitati sottostanti. Questa esiste da oltre 30 anni, è monitorata dal 1997 e, a oggi, è il fenomeno più pericoloso e potenzialmente distruttivo dell’intera regione Lombardia. Nonostante la gravità della situazione finora nulla è stato fatto. Questa frana si muove particolarmente durante il disgelo, tra maggio e luglio, quando i torrenti soprastanti si gonfiano e la riempiono di acqua, «benzina» per il corpo della frana che si mette in moto. Questa primavera anomala ha creato movimenti mai accaduti in passato, con conseguente peggioramento della frana stessa e chiusura totale della strada in data 22 giugno.

Un grosso masso si è staccato il 20 agosto, fortunatamente non ci sono state vittime ma solo gravi danni alla sede stradale, raggiunta dalla roccia per la prima volta in molti anni. Altre decine di massi potrebbero crollare da un momento all’altro, tutta l’area è quindi stata interdetta senza possibilità di risolvere la faccenda in tempi brevi a detta dei nostri amministratori. Adiacente alla strada passano anche i servizi del paese (corrente, fogne, telefono), che in caso di crolli importanti potrebbero essere danneggiati, con perdita di ogni servizio primario per il paese. 

Dopo oltre due mesi, la valle vive una situazione di grande disagio e preoccupazione per il suo futuro, essendo il turismo e Santa Caterina il cuore pulsante della propria sopravvivenza economica. Le attività turistiche sono in ginocchio con disdette e turisti che scappano, personale impossibilitato a raggiungere il luogo di lavoro, senza pensare che con l’avvicinarsi dell’inizio delle scuole più di 50 bambini e ragazzi dovranno scendere a valle per le lezioni. 

L’unica via di accesso ci è data dal Passo Gavia, dalla viabilità precaria e pericolosa, essendo una vecchia strada militare asfaltata e allargata in pochi punti, dove mezzi pesanti non possono transitare; una strada che molte persone non si sentono di percorrere e che, in ogni caso, chiuderà alle prime nevicate autunnali. Questo passo per gli abitanti del paese è raggiungibile solo con un lungo giro che richiede almeno due ore di auto. L’alternativa è una stretta strada forestale, adatta solo ai mezzi fuoristrada, costruita in quota sul versante opposto alla frana, con pochi scambi e dalla lenta percorrenza che in ogni caso, con l’arrivo delle prime gelate, diventerà impraticabile. Anche se l’arrivo dell’inverno aiutasse a rallentare la discesa della frana, rimane inaccettabile e pericoloso andare avanti così.

Ora io mi chiedo se sia mai possibile in un Paese civile una cosa del genere. Una nazione seria deve avere cura del territorio e metterlo in sicurezza, perché molta della sua ricchezza deriva dalle proprie bellezze, che tutto il mondo invidia. La Valfurva non merita questo, non merita la morte di un paese, di una comunità, che negli anni si è sacrificata e ha voluto credere nella potenzialità del proprio territorio. Chiedo a gran voce, come semplice cittadina e amante di questa valle, che al più presto ci sia l’intervento delle autorità competenti nella realizzazione delle opere necessarie in via definitiva.

Deborah Compagnoni

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