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Coronavirus, la testimonianza dall'ospedale di Sondrio: «Mandati in "guerra" con un equipaggiamento da vacanza al mare»

L'intervista ad un operatore sanitario: «Il personale in toto è stato lasciato completamente sprovvisto di Dispositivi di Protezione Individuale»

La gestione dell'emergenza coronavirus all'interno delle strutture ospedaliere, anche della provincia di Sondrio, non è stata certamente semplice. Coordinare e tutelare migliaia di lavoratori e pazienti dalla diffusione del covid-19 non è stato facile e purtroppo qualcosa è andato storto.

In Valtellina i due principali ospedali del territorio hanno visto due gestioni diverse: da una parte il nosocomio di Sondalo, convertito completamente alla gestione dei malati di coronavirus, mentre dall'altra quello di Sondrio, mantenuto come struttura per le altre emergenze.

Qualcosa lungo le settimane presso la struttura sanitaria del capoluogo è andata storta. Abbiamo fatto qualche domanda ad un operatorie sanitario dell'ospedale di Sondrio (che preferisce rimanere anonimo) per capire come è stata gestita l'epidemia all'interno dell'azienda ospedaliera.

Da settimane si sente dire che l'ospedale di Sondrio non era attrezzato per affrontare l'emergenza covid-19. É vero? Come si è mossa l'azienda ospedaliera da febbraio ad oggi secondo lei?

«L’emergenza covid-19 in Valtellina è arrivata circa 2 settimane dopo lo scoppio nella zona rossa del Lodigiano e nel Bergamasco. I dati della Regione Lombardia mostrano chiaramente che non si è stati in grado di organizzarsi a dovere per far fronte all’emergenza; scelte sbagliate e soprattutto sempre in ritardo, rincorrendo gli eventi. In Valtellina si è scelto di attendere. Per settimane, fino alla seconda di marzo, si è continuato a svolgere la normale attività ospedaliera ma soprattutto senza che al personale venissero forniti gli adeguati Dispositivi di Protezione Individuale per svolgere la normale attività. All’inizio, il personale che autonomamente si dotava di semplici mascherine chirurgiche per svolgere le attività quotidiane a contatto con i pazienti, è stato addirittura ripreso dalla direzione strategica che ipotizzava provvedimenti disciplinari per quelle persone che “generavano il panico tra i malati”. Poi, quando ci si è resi conto della drammaticità della situazione ormai era troppo tardi e mascherine e DPI non erano neppure disponibili. L’unica scelta strategica precoce è stata quella di individuare Sondalo come ospedale covid e ipotizzare Sondrio come ospedale "covid free". Risultato che Sondrio si è trovato in un limbo a dover gestire pazienti potenzialmente infetti, in attesa della conferma del tampone, senza avere le armi adeguate per farlo ma soprattutto senza proteggere il proprio personale dal contagio. La situazione oggi è uguale a quella di due settimane fa: non ci sono dpi. Ogni giorno cambiano le direttive in base a come cambia il vento».

La mancanza di dpi per gli operatori sanitari è uno dei temi più preoccupanti. A suo avviso medici, infermieri e tutte le persone coinvolte all'interno dell'ospedale di Sondrio sono state adeguatamente munite di strumenti per proteggere sé stessi e gli alti?

«È chiaro come il personale sanitario in toto sia stato lasciato completamente sprovvisto di DPI. Inizialmente la Direzione ha sottovalutato la problematica e quindi non ha fornito i DPI adeguati per svolgere l’attività quotidiana. Successivamente, quando si sono accorti della necessità di correre ai ripari, i DPI scarseggiavano. La situazione parla chiaro, nonostante numeri ufficiali non siano comunicati, il personale sanitario di Sondrio si è ammalato molto di più rispetto a quello di Sondalo ove i DPI erano presenti in numero maggiore. La situazione attuale è quella in cui le mascherine FFP2 sono centellinate, si devono utilizzare col contagocce poiché sono contingentate. Medici ed infermieri mantengono la stessa mascherina per giorni, senza la possibilità di poterla cambiare. Sono state fatte molte donazioni da enti privati di cui però non si ha ancora riscontro. Camici monouso anch’essi sono utilizzabili solo in OBI (reparti di Osservazione Breve Intensiva, ndr) e in sala operatoria, per i reparti di degenza ci si accontenta di sovracamici monouso che abitualmente si utilizzano nella dispensazione del cibo da parte del personale OSS».

Seppur il personale medico non sia stato sottoposto a tampone orofaringeo, si è saputo che diversi operatori sanitari dell'ospedale di Sondrio hanno palesato sintomi covid-19. Come è stata vissuta questa situazione?

«La gestione dei tamponi per il personale sanitario dipendente è stata poi al limite del grottesco. Per settimane il tampone veniva eseguito solamente per il personale che durante il turno di lavoro riscontrava una temperatura corporea superiore ai 37.5°C. Questo doveva recarsi subito a casa e successivamente il servizio di Medicina del Lavoro, passata la febbre, prima di rientrare in servizio, sottoponeva il lavoratore a tampone. È noto ormai da mesi come la sintomatologia correlata all’infezione da covid-19 sia estremamente eterogenea. Vi erano casi di medici ed infermieri con sintomi caratteristici come dolore toracico, dispnea da sforzo, mialgie etc. che non sono stati sottoposti a tampone. Il tampone per settimane in ASST Valtellina e Alto Lario è stato eseguito solo sul personale ricoverato o con temperatura corporea superiore ai 37.5°C, alla risoluzione della febbre prima di riprendere il servizio. Magicamente, poi, da un giorno all’altro, dopo forti pressioni si sono cambiate le indicazioni e finalmente il tampone è stato esteso riscontrando “stranamente” un incremento dei positivi, che prima non venivano ricercati».

Dall'interno, come viene valutata l'organizzazione di Regione Lombardia per fronteggiare l'emergenza coronavirus?

«Penso che i numeri dell’infezione in Regione Lombardia siano chiari a tutti. Il personale in servizio, quello che quotidianamente è in prima linea nello svolgere le proprie mansioni, si sente come un soldato mandato a combattere una guerra con un equipaggiamento da vacanza al mare. Questo è un pensiero diffuso facilmente riscontrabile parlando con medici, infermieri e OSS».

Come è il morale all'inizio di un nuovo turno?

«Il morale di chi quotidianamente lavora in prima linea è comunque alto poiché sappiamo tutti, medici, infermieri e OSS che svolgiamo un lavoro che permette di curare persone nel modo migliore possibile. Il sentimento di paura di fronte ad una totale assenza di supporto sia in termini di DPI forniti sia dal punto di vista organizzativo, penso sia umano. Tale paura a volte, non nascondo, si trasforma in rabbia. Nessuno, e sottolineo nessuno, del personale medico e paramedico si è sottratto al proprio dovere in questi mesi. Quello che ferisce più di tutto è la chiara percezione che chi deve prendere scelte volte ad indirizzare la strategia aziendale o non è stato all’altezza o si è semplicemente affidato a direttive che si sono mostrate spesso contraddittorie ma soprattutto sempre in ritardo rispetto all’evoluzione della situazione».

La diffusione del contagio in provincia di Sondrio - L'editoriale

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